Scritto da © Franco Pucci - Dom, 23/11/2014 - 08:14
È l’ultima pagina di un volo parolaio durato un lustro
ho comprato cinque candeline bianche a strisce rosse
che paiono insegne dei barbieri newyorchesi anni ’30.
Muore il sorriso, quasi zucchero a velo sul cioccolato,
nell’incontrar gli occhi di chi in questo lustro ha riarso
la pelle piagandola al sole e al sale marino sui barconi.
Mentre insegui il lampo di una umana comprensione,
le schegge di una paura atavica che straziano le ciglia
ricamano di sangue il bianco porcellana dello sguardo.
Dai il posto alla giovane di colore col piccolo nel fagotto
è un sussurro tra le perle quel “grazie” mal pronunciato
tra lo sguardo diffidente di chi strige a sé il seno rifatto.
“Buonista di merda” è il sibilo eufemismo che rimbalza
rigando di venefico colore i finestrini di questa tradotta,
affogando lo sconforto di chi coglie il ciglio del burrone.
È l’ultimo strato di un paese “tiramisu” zuppo di livore.
ho comprato cinque candeline bianche a strisce rosse
che paiono insegne dei barbieri newyorchesi anni ’30.
Muore il sorriso, quasi zucchero a velo sul cioccolato,
nell’incontrar gli occhi di chi in questo lustro ha riarso
la pelle piagandola al sole e al sale marino sui barconi.
Mentre insegui il lampo di una umana comprensione,
le schegge di una paura atavica che straziano le ciglia
ricamano di sangue il bianco porcellana dello sguardo.
Dai il posto alla giovane di colore col piccolo nel fagotto
è un sussurro tra le perle quel “grazie” mal pronunciato
tra lo sguardo diffidente di chi strige a sé il seno rifatto.
“Buonista di merda” è il sibilo eufemismo che rimbalza
rigando di venefico colore i finestrini di questa tradotta,
affogando lo sconforto di chi coglie il ciglio del burrone.
È l’ultimo strato di un paese “tiramisu” zuppo di livore.
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