Scritto da © Franco Pucci - Dom, 29/03/2015 - 08:12
“Dottore, cos’è?”
“Zucchero. Zucchero radioattivo”
La voce ora è davanti a me.
Occhi profondi, nera pece ardente
mi fissano dalla poltroncina dinanzi
attraversano i miei per un momento.
Un istante è il racconto di una vita.
Mi dicono il suo dolore, ma è già ieri.
Poi il gioco, il sorriso diventano il senso
dei suoi anni, del suo esser bambino
nelle mani e negli abbracci della madre.
[Dio, perché? -mi chiedo- Dov’eri?
Dov’eri quando la vita all’improvviso
è diventata matrigna a quegli occhi?]
Ho conosciuto anch’io quelle manette.
Gelidi codici a barre, fragili passe-partout
fredde strisce di plastica smorta al polso
-imperfetti cloni di identità in transito-
Non so di braccialetti rossi, ma di occhi.
Occhi che bucano l’anima e ti uccidono
occhi sereni, consapevoli, che attendono.
Stempero la comune attesa nel sorriso.
[No piccolo, non è zucchero filato.]
“Zucchero. Zucchero radioattivo”
La voce ora è davanti a me.
Occhi profondi, nera pece ardente
mi fissano dalla poltroncina dinanzi
attraversano i miei per un momento.
Un istante è il racconto di una vita.
Mi dicono il suo dolore, ma è già ieri.
Poi il gioco, il sorriso diventano il senso
dei suoi anni, del suo esser bambino
nelle mani e negli abbracci della madre.
[Dio, perché? -mi chiedo- Dov’eri?
Dov’eri quando la vita all’improvviso
è diventata matrigna a quegli occhi?]
Ho conosciuto anch’io quelle manette.
Gelidi codici a barre, fragili passe-partout
fredde strisce di plastica smorta al polso
-imperfetti cloni di identità in transito-
Non so di braccialetti rossi, ma di occhi.
Occhi che bucano l’anima e ti uccidono
occhi sereni, consapevoli, che attendono.
Stempero la comune attesa nel sorriso.
[No piccolo, non è zucchero filato.]
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