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Frattali


Viscido lo sguardo torna
a ritroso nel tempo passato
cercando muta spiegazione
nella natura ciclica cangiante.
Passo di divenire in divenire
cambiando la pelle del serpente
che accartoccia il passato ed il futuro
nel presente che mai è se stesso.
Non so perché ho vissuto
e perché semmai vivrò,
ma nell’orologio m’arrovello
gustando la punta affilata delle lancette
battenti il monotono rintocco
d’un bilanciere in moto perenne.
E cavalcare il mutare delle stagioni,
e il sonno e la veglia
e il dolore e la gioia
e l’amore e l’odio
e la fame e la sazietà
e il sole e la luna
nell’Universo che mangia se stesso,
mi sembra sublime incombenza.
Meraviglia nasconde meraviglia,
ove nefandezza cela nefandezza,
e cerco un perché mai puntuale
che nel ritardo mi buggera
la nascosta verità.
Riguardo la viscida scia
lasciata dal mio vivere
ormai fossile seccato
d’una lumaca alla mèta mai prossima.
Perché son nato mai?
Forse per frantumare in infiniti attimi
il logico divenir del tempo?
e tu tempo,
dove sei mentre dormo?
e dove sarai quando sarò morto?
Forse udrò
il fine scorrere della sabbia,
appeso nella strozzatura
d’una clessidra
che divide in due parti
la magica simmetria
dell’Universo bifronte.
 

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