Scritto da © fintipa2 - Gio, 28/06/2012 - 20:42
Quanto mi fai godere quando ecciti Baudelaire
come fosse un cane sempre avido di cagne…
strana questa cenere nelle mani,
strani battiti rimbombano in lattine senza consistenza,
io ho il rumore assiduo di un caterpillar che scava e scava inutilmente
e poi non sono quello spilungone che corre sui prati
e immerge i denti guasti in un papavero.
Si fottano gli steli tra le margherite al mio grido di cartolina
e piangano tutto il rosso che hanno in corpo.
Che odio mi sovrasta.. di Siberie invernali
E non ne ho mai viste tante dai tempi di Berlino
quando mi alleggerivo sgocciolandomi le mani,
troppi rancori si trascinano nell’esploso di gabbiano contro il cielo
finirò per inventarmi spazi oltre l’universo (o punirmi in un cinema dell’estrema periferia)
e piangere in uno spaventapasseri con le calze sporche di lussuria.
Questa è la lingua per succhiare nelle dannazioni,
ululare nelle carcasse di agnelli è mia abitudine
con questa non si procede nelle gradevolezze delle sottane,
né si balla per le vie del carnevale!
Amori, amori positivi….che odio!
trascino con me metafore dell’inverno,
non conosco gemme né bottiglie ancora in piedi.
Viaggio per vie dolenti
e mangio grappoli di notti -appesi agli occhi-
in flatulenti piaceri.
Ci sarà pure un budello in culo a questo belzebù che chiamano p…o…e…s…i…a
O le notti rimarranno immerse in pus di godimenti e frasi tremanti.
O le notti rimarranno immerse in pus di godimenti e frasi tremanti.
Quanto mi fai godere quando ecciti Baudelaire
come fosse un cane sempre avido di cagne…
strana questa cenere nelle mani,
strani battiti rimbombano in lattine senza consistenza,
io ho il rumore assiduo di un caterpillar che scava e scava inutilmente
e poi non sono quello spilungone che corre sui prati
e immerge i denti guasti in un papavero.
Si fottano gli steli tra le margherite al mio grido di cartolina
e piangano tutto il rosso che hanno in corpo.
Che odio mi sovrasta.. di Siberie invernali
E non ne ho mai viste tante dai tempi di Berlino
quando mi alleggerivo sgocciolandomi le mani,
troppi rancori si trascinano nell’esploso di gabbiano contro il cielo
finirò per inventarmi spazi oltre l’universo (o punirmi in un cinema dell’estrema periferia)
e piangere in uno spaventapasseri con le calze sporche di lussuria.
Questa è la lingua per succhiare nelle dannazioni,
ululare nelle carcasse di agnelli è mia abitudine
con questa non si procede nelle gradevolezze delle sottane,
né si balla per le vie del carnevale!
Amori, amori positivi….che odio!
trascino con me metafore dell’inverno,
non conosco gemme né bottiglie ancora in piedi.
Viaggio per vie dolenti
e mangio grappoli di notti -appesi agli occhi-
in flatulenti piaceri.
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