Scritto da © ferdinandocelinio - Ven, 03/08/2018 - 18:14
quello che sto per narrare comincia in una casa. anche se la storia sarà una storia qualunque,
non era qualunque questa casa. era semplicemente la casa.
mi sveglio di corsa e faccio la barba. sono sudaticcio e molle, con un fisico forte, ma molliccio, con la panza che penzola da sopra i pantaloni. squilla il telefono. Mariano mi chiama :<< sono straordinariamente belle>> <<ho fatto un sogno terribile Mariano>> <<quel libro mi incanta. sei Roth in miniaturia, c'è tutta la tua pastorale. pazzesco, amico mio>> <<ho sognato di non morire mai. ci pensi Mariano. che nessuno moriva mai. era un 2018 perenne. tragico.>> <<ma è bellissimo>> <<come mi disgusta il tuo ottimismo, Mariano...ma ci pensi...è tragico...la morte è necessaria. abbiamo tutti bisogno di morire. il paradiso è un incubo>> <<sei nato scrittore>> <<tu sei pazzo>>. poi abbiamo staccato e ho messu su il caffè. Mariano era un uomo incredibilmente entusiasta. anzi no, non era un uomo, era solo un ragazzo. ho messo un cd nello stereo e ho ascoltavo il Waltz n 2 di Sostackhovich. poi, mentre partiva La stravaganza di Vivaldi, mi sono messo a scrivere:
"pensiero del giorno
seguo la bava
della lumaca morte
è un soffio breve la vita
baciamoci!"
poi sono uscito nella città. i gas di scarico mi uccidevano. camicie di forza nell'aria. è un manicomio la città. tutti ad aspettare la vita che non arriva mai. tutti ad inseguire qualcosa, un palpito, un fremito, qualunque cosa per non impazzire o morire. però che sono belli gli uomini del lavoro. puliti e insoddisfatti. carini. e io costretto a campare con la mia piccola penzioncina da miseria. paura dello straniero, dico io. impossibilità di fare petting col mondo. le luci e la puzza della città, e io lì fermo, un uomo adagiato all'angolo delle cose. un reietto. un uomo solo come sono soli tutti gli scrittori. Salud.
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