Scritto da © ferdigiordano - Dom, 09/12/2012 - 12:29
I seni, fiammelle encomiabili nella trama lucente.
Il ventre, pianura che esalta la gazzella delle dita.
I fianchi, vaso di rame per la marea e l’onda continua.
I glutei, pomi di ottone torniti a fuoco.
Il pube, incresciosa nebbia, o nube di mistico pallore.
Le cosce, gerle a schiena ma anche barrique battuti a mano.
Le gambe, di acacia controassiale, madiere di guizzi muscolari.
Le caviglie, leve stimate fermagli di perla al suolo.
I piedi, fondamenta ed orme. Radici del sonno calmo. Disteso.
Le spalle, longitudini del dorso, mappa di crociera estatica.
Le braccia, altolocate a filari, sobrie di pampini. Coraggiose.
Le mani, sementi di carezze nella valle autarchica delle pelli.
Il collo, lampo di biancori che innervano la tempesta.
La nuca, la parete su cui due scalatori sono labbra affamate di altezze.
I capelli, le linee del vento solare ben dentro la materia stellata.
La fronte, dal sentiero di santiago e cordigliera di ansie.
Gli occhi, fendenti attesi, colore del dominio voluto: tiranni.
Le narici, fremono in ragione dei fremiti nel torace.
Ed infine la bocca: sola. Sorpreso umidore. Enfasi del tau.
Questo clamore; o sei visione, mia inesistenza.
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