Tutto si dilata, e riduce il perimetro della memoria.
Tutto? Di’: qualcosa. Ma anche: forse.
Forse
non è il vento il vero movente del freddo.
Colpi secchi nell’autunno di c’era.
In pieno petto crepita il vecchio. Diviso, magari,
però in seno si nutre altro. Non occorre tanto latte,
basta una ciotola: ecco, le labbra oltrepassano l’orlo,
finendo irrimediabilmente nel corpo. Altri gesti
ne prendono il posto, ovunque faccia male
la debolezza diventa generale.
Quando venni,
ti trovai distesa, per questo ti dissi
noi due nel tempo possibile che auguro a me.
Vorrei fosse stato sereno.
Mi sarebbe piaciuto per sempre
il cielo con le tue sembianze nette, la grazia cerulea
dei nembi a novembre, e andare all’indietro
fino all’abbraccio dismesso.
La mia residenza
più fresca chiaramente tenuta nel tuo seno.
La pineta, come la ricordo,
era alla testa del mare, un isolato intero
sulle ginocchia e lei accarezza la sabbia,
coglie aghi sparsi, diventa sarta e veste un figlio
del suo ventre.
È cotto di lei, direi,
quel merlo posato in grembo che viene alle mani
con la rena. Le dita aperte muovono i grani
come pastelli, e disegnano più o meno.
Le dita, in effetti,
sono l’inizio dei numeri. Il distacco somiglia
all’uno quando intorno il resto si chiude.
Sarebbe questo delirio il potente motore della lirica?
Forse qualcosa del genere.
Sia chiaro seduta stante:
la sua fronte che apre all’autunno
può sfollare dal seno chi sente crepiti.
- Blog di ferdigiordano
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