Non era sconcerto. E non era musica.
Concomitanze di suoni, ti direi,
se non provenissero da sale di sera... Sai no?
Il suolo domina e va verso il basso
a ragione, anzi, esalta il fragore dei cornicioni.
Si combinano, certe volte, i richiami
nascosti dalla natura che sono.
Per riconoscerli, giro a vuoto con aria curiosa
e i padiglioni dominano la vista sul rumore.
Tocca alle pupille indirizzare i sensi,
però il luogo - qualsiasi luogo accertato
da confini sconosciuti: dateci, o motori, la spinta
per alzarci indenni su tutte le punte! -
improvvisa dinamiche di lampi
che lanciano piste in cielo
per le visioni liberate dalla terra.
Ieri l’altro parlavamo della relazione tra galassie
e forza oscura, tra la via stellata che ci manca
e sciagure prese in pieno. Fu più saggio
addentare la pizza e liberarci a tutta birra
dei bocconi. Fu più saggio, non più veloce.
Indicavi con la stessa voce il pomodoro e il furore,
una macchia sul marmo stellato e il tuo gomito sopra,
benché non sia corretto l’impianto di corde personali
nelle cose - quali cose? Attorno sono tutte reliquie
se non nascono e generano frastuono
disoccupate dalla fermezza e agitate nel coso,
come si dice?, nello spazio recondito.
Da questo piccolo angolo pisciamo nel cosmo
dando alla luce un grido nano,
argilloso, con una domanda di respiro continuo
tirata dalle suole con l’orma, l’orma del 42,
risposta irrisoria a se siamo, perché non ci troviamo ancora?
Non sono certo, dito puntato a squarciagola, quale sia
l’imperfezione e godo, fautore della fitta pagina,
come questa, in fuga da congetture e altre passioni,
tiro il fiato al limite del sonno e rotti.
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