Sono finiti gli oceani come vastità tremende.
Sono finiti i territori che sudavano i cavalli.
Dove sono finire tutte quelle spine?
La cromatura della nostra vicenda
– candelabri, troni, parlamenti –
riflette una legge dell’universo: tutto si trasforma
perché niente è libero di stare fermo.
Olga piange da giorni
il suo coniglio ucciso da una belva (questo
è per gli animali vivere da uomini).
Le hanno regalato un peluche enorme,
ma non corrisponde all’emozione precedente.
Nella giusta misura può essere un trailer.
E questo non è vero,
non è per nulla vero.
Sto fingendo di sapere o, peggio,
so di fingere, per altro bene. Tuttavia
mi prende l’enorme libertà del viale
quando i fulmini tirano al bersaglio.
Sia detto della paura
quanto basta a fare il coniglio:
l’innocenza è solo colpa che sverna,
letargo da fiera, rimedio al gelo.
Che siano, poi, scene di migrazione umana
basta un orologio a confutare le ali.
L’universo comprende ogni cosa
e conosco fino in fondo il suo corso
in città, ricevo la sua notte enorme
mentre osservo la sua sera lucente:
corrisponde stella a stella, tavolo a tavolo,
pianeta a pianeta, pattumiera a pattumiera,
La città impedisce la riapertura dell’oceano,
la spinta alle terre. Dona il peluche e incamera belve.
Solo i taxi sono cromosomi di lettere: i passeggeri
hanno nomi generici che cercano nomi precisi,
quando li trovano non si fermano, perché
la libertà è continuo movimento in ordine.
Gli autisti si sentono in una botte di ferro
conoscono indirizzi e tanto basta al mestiere
di vivere in ogni senso.
- Blog di ferdigiordano
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