Scritto da © ferdigiordano - Lun, 03/09/2012 - 12:18
Salerno è fuori da questa stanza. In questa
stanza il mondo intero non vi entrerebbe.
Dio sì. Forse già c’è come sera, come legno.
Benchè io mi distenda, un mistero
allerta tutto intero la bocca del vetro:
qualsiasi imposta sbatta, non c’è vento e trema
la verità del mio piccolo mondo
nella piazza che lo circonda.
La piazza che include la funzione
di pianeta dei bus. Non mi prendono, ma non li perdo. La piazza
come fermata torrida o la piazza Malta
ausilio di sogni.
Eccolo quindi un perseverante altolocato: dio.
Non nasce, non diventa, non si preoccupa di come
appare: davvero? Davvero. Prende forma quando
esplode la delusione. Sintomo evidente:
la solitudine di pietra. E, dalla pietra, lui se n’esce
con nuove costruzioni,
frammenti del sé - come rinvenimento, attenzione.
Si capisce
che è edificabile perché progetta pilastri
dalle carpenterie umane. Si riconosce
perché non bussa, ma inchioda, virilmente.
Un ermafrodita misogino – si noti la desinenza disputante.
Deduco
che una doppia mandata alle tempie
non serva. Di fatto, bevo come cola il tempo.
L’orologio misura il polso, lì appena appena
dà una mano sapere l’ora.
Bevo e saprò che le vene ignare
non hanno abbastanza fegato. Cadranno colpite
durante il passaggio dalla carne all’argilla.
Né la carne né l’argilla hanno presenza di spirito:
se il fiume le porta via, dicono acqua
acqua da non credere .
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