C’è uno spazio tra le stagioni
in cui si instaura l’incomprensione del tempo,
come un cespite ereditato ma mai riscosso,
una condanna del passato che è presente,
una minusvalenza residua, un soldo in vista.
E questa furbizia mi consuma,
più del deserto che avanza nel ventre africano,
più del ghiaccio ridotto al sessantesimo parallelo,
più della certezza che questi due non s’incontreranno,
più del meno male ci sei, angelo mio.
Che ti dice questo? Ho paura.
E tu sai che la paura è il ricovero
del sangue nella sua trincea, dietro la pelle,
nell’umida data.
Terrore della vita stimata e non raggiungibile.
Se per astuzia stringi i gomiti al tuo calendario e corri,
il perimetro della cella diventa una cerchia
di amicizie canute.
Il tempo atmosferico, con la sua alternanza fisiologica
è il muro; l’ambito che non si sposta.
La data t’insegue perché deve passare in te:
che terribile senso essere umano
a vita.
- Blog di ferdigiordano
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