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Ad una per tante volte date

 
Sulla carta un suono bianco,
ma non bianco come pensi il latte, nè sfida
tra toro e muleta, sicchè un uomo centra
solo se infilza, piuttosto una nebbia
tanto convincente da legare le corde vocali
cui si appende.
In questo senso lo strumento del vento
fa vibrare la lattuga, lo so, in verità anch’io
tremo, ma che dire se di me ti nutri
ancora meno? Faccio un esempio:
sono al supermercato come tu seguiresti
messa. Una preghiera breve
per non perdere lo sconto di quell’ora.
Al termine, c'è comunque l'epica dei segni
da ruga a ruga fino alle labbra incedibili
a quel ripido gesto fuorviante
di sporgerle dal mento e in un tempo così breve
che solo per poco non può dirsi sorriso ma sorri.
Quel "sorri" era già lì, so anche questo,
da molto, molto prima, e in seguito
a una tua cabala, la tortura della maschera,
somigliava al prezzo del giorno
o perlomeno a un tono di aria sfuggente preso al volo.
 
Nella nebbia delle dita,
steccano le nuvole soliste, non tanto
per la distanza dal pentagramma del suolo,
dove il geniale musicista dirige l’erba più bassa,
quanto per quel nudo calice del tuo corpo
sul quale insetti le stesse dita raccolgono
tremori, stivando ogni accordo
nelle gocce perfettamente miele
di castagno.
 
Ora sprofondiamo, ti sfuggì, per la leva
del piacere sul fulcro del momento. 
 

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