Scritto da © ferdigiordano - Mar, 06/08/2013 - 09:25
Metti le mani a conca
tienile sotto lo sterno, dove il ventre imprime la strettoia
raccogli il malumore che lì sgorga dal profondo,
dalla falda più amara del fiele:
accogli la pena con l'ultimo sorriso che ricordi.
Porta le mani in avanti: non perdere gocce.
Distendi le braccia più lontano che puoi dal corpo
Fallo lentamente, non perdere gocce.
Rovescia le mani. Osserva come il nero umore
non macchi la terra ma la Terra lo renda tinta dei fiori.
Mostra il dorso su cui devi posare il primo sorriso
che ti è venuto in mente.
Pure se non è il tuo: meglio, se non è il tuo
diamante più puro che hai riposto in segreto.
Con lentezza, voltandole leggere, porta le mani
al volto: accarezzati con profondità e trepida.
Tutto quanto era la luce prima di ora
dal gomito dell'Angelo sul quale riposi
torneranno organetti e libellule per la stessa via
a farsi rincorrere.
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