Scritto da © Fausto Raso - Sab, 11/11/2023 - 20:23
Abbiamo avuto modo di constatare -- con somma amarezza -- che alcuni docenti, anche universitari, sostengono che il comparativo di maggioranza dell'avverbio 'bene' (corrispondente all'aggettivo 'buono') è solo meglio e la forma "più bene" è tremendamente errata. Su quali basi linguistico-grammaticali fondano/fondino tale convinzione non è dato sapere. Se così fosse, costoro, dovrebbero condannare il "meno bene", la cui correttezza è inconfutabile. Si può benissimo scrivere (e dire), e. g., che Matteo parla "più bene" il tedesco di Mario, anche se, per la verità, è preferibile il comparativo organico "meglio". Giusta la "legge grammaticale" ambi (sic!) i comparativi sono, dunque, corretti. Tuttavia -- è bene precisarlo -- è preferibile l'uso di 'meglio' in luogo di "più bene" (che, ripetiamo, non è errato) quando l'avverbio in oggetto è adoperato con l'accezione di "in modo migliore"; useremo "più bene", invece, se il lemma in questione viene sostantivato assumendo il significato di un "bene maggiore": ha fatto "più bene" Edoardo alla azienda, in due giorni, che Rossano in cinque anni.
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Sapete perché il parapetto di ferro (o passamano di scale, balconi, finestre, terrazze ecc.) si chiama "ringhiera"? Perché originariamente la ringhiera era il "luogo" del palco su cui ci si appoggiava per... arringare (la folla). Il termine più antico era, infatti, "aringhiera" e il palco si chiamava "arengo". Il vocabolo in uso oggi è, dunque, l'aferesi di quello antico: "(a)ringhiera". L'aferesi, in linguistica, è la caduta della lettera iniziale di una parola.
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