Scritto da © Fausto Raso - Mar, 25/06/2013 - 12:32
I non “addetti ai lavori” quando sentono parlare di linguistica storcono il naso e pensano a un argomento noioso e non “degno” di essere preso in considerazione, tutt’al piú si limitano a dire che è “un qualcosa che riguarda la lingua”. Queste modeste noterelle si prefiggono lo scopo – se possibile – di avvicinare anche i piú riottosi allo studio (o, se preferite, alla conoscenza) di questa meravigliosa scienza che ci consente di parlare e scrivere senza commettere errori e, per di piú, con un certo “tocco”. Sí, conveniamo, di primo acchito l’argomento può risultare “fastidioso”, ma a mano a mano che andiamo avanti nella lettura ci imbattiamo in “scoperte” che ci invogliano a proseguire in quanto, come dice Ferdinand de Saussure, «ogni teoria chiara, e quanto piú è chiara, è inesprimibile in linguistica; perché (…) non esiste un solo termine in questa scienza che abbia mai riposato su un’idea chiara». E non possiamo non essere d’accordo con de Saussure – anche se può sembrare un contro senso – quando vediamo che alcuni linguisti si accapigliano nel far prevalere le proprie teorie linguistiche. Un esempio per tutti: taluni sostengono (e noi con loro) che il pronome personale sé deve essere sempre accentato, anche quando è seguito da stesso o medesimo, altri – come è noto – sostengono il contrario. Chi ha ragione? Ma torniamo alla linguistica che è, come la definiscono i vocabolari, la “scienza del linguaggio”. E come ogni scienza moderna, in linguistica, si possono distinguere piú “campi di ricerca” che corrispondono a modi di suddividere l’analisi linguistica. Insomma, che cosa studia la linguistica? A questa domanda tenteranno di dare una risposta queste modestissime noterelle. Abbiamo detto che la linguistica è una scienza suddivisa in vari campi di ricerca; vediamo, quindi, i vari campi cosí avremo il “quadro” completo di tutto ciò che riguarda (e studia) questa scienza. Essa si suddivide, dunque, in linguistica generale (e in questo “campo” possiamo metterci la fonologia, la morfologia, la sintassi e la semantica) la quale analizza il linguaggio per accertare i modi generali della sua organizzazione, la sua funzione e la sua “posizione” rispetto ad altre facoltà dell’uomo. A sua volta la linguistica generale si suole suddividere il linguistica “interna” ed “esterna”; la prima si occupa del funzionamento e dell’evolversi della lingua, la seconda si interessa, invece, come dice la stessa parola, dell’influenza del mondo esterno, vale a dire della storia e della società, sulla lingua. Abbiamo, poi, la linguistica applicata, che prende in considerazione l’applicazione, appunto, dei vari princípi linguistici e tecniche particolari: la traduzione, l’uso dei calcolatori, l’insegnamento delle cosí dette lingue vive; la linguistica storica il cui fine è la “ricostruzione” delle fasi antiche di una o piú lingue. Rientra in questo campo la linguistica comparata: allorché si vogliono mettere in luce i rapporti fra lingue che appartengono alla medesima famiglia (si pensi alla famiglia indeuropea e a tutte le lingue romanze). Abbiamo, infine, due “campi” che potremmo definire moderni: la sociolinguistica e la psicolinguistica. La prima si occupa delle diversità e delle varietà della lingua che si manifestano in rapporto alle differenze sociali, culturali ed economiche degli uomini, quindi della società; la seconda studia i rapporti che intercorrono fra la lingua e il pensiero, esaminando i problemi della comprensione del linguaggio, della memoria e dell’apprendimento della lingua da parte del fanciullo. In questo caso si potrebbe azzardare il termine “linguistica infantile”. Non va dimenticato, inoltre, ed è forse la cosa piú importante, il fatto che la linguistica ha strettissimi rapporti con lo studio sistematico dei testi letterari. Come non ricordare, quindi, quella branca della linguistica che va sotto il nome di “stilistica”? La stilistica cos’è, infatti, se non lo studio dello “stile” di un autore, di un’epoca, di una scuola? Non sappiamo, francamente, se siamo riusciti nell’intento prefissoci: di avvicinare alla lingua anche i piú restii. Ma tant’è. Abbiamo cercato di essere concisi al massimo per non appesantire il tutto sforzandoci, nel contempo, di essere chiari. Se non ci siamo riusciti confidiamo nel vostro… “perdono”. E concludiamo citando una massima di Ferdinand de Saussure: «Il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e un’immagine acustica».
Fausto Raso
PS. Visto che parliamo di lingua diamo la "parola" a Ottorino Pianigiani per ciò che attiene al linguaggio: http://www.etimo.it/?term=linguaggio&find=Cerca
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