Scritto da © Fausto Raso - Sab, 04/04/2020 - 23:49
Se il maresciallo sapesse che anticamente la sua funzione non era affatto quella di comandante (di una stazione dei carabinieri, per esempio) bensì di sguattero addetto alla manutenzione dei cavalli, farebbe fuoco e fiamme per costringere chi di dovere a mutare il nome (si fa per dire) del grado tanto sospirato. Bando agli scherzi.
Vediamo come il vocabolo si è nobilitato nel corso dei secoli fino a raggiungere o, per meglio dire, acquisire l’accezione attuale: il più alto grado nella gerarchia dei sottufficiali; quindi il militare che è insignito di tale grado.
Il termine, innanzi tutto, pur provenendo dal tardo latino mariscalcus, si rifà a un’antichissima parola teutonica: marhskalk. «Marhskalk! Chi era costui?» per dirla alla Manzoni. Nient’altro che uno sguattero, un servo (shalk) addetto ai cavalli (marh), insomma l’inserviente della stalla.
Da questo antichissimo termine i linguisti medievali coniarono il vocabolo mariscalcus (da cui l’italiano antico mariscalco) che nel corso dei secoli dovette sottostare a molteplici alterazioni di forma: marescalco, maniscalco, maliscalco e perfino quella sincopata di mascalco.
A questo punto era necessario creare un termine che indicasse — accanto a quello di colui che aveva la cura dei cavalli — la funzione del marescalco; si ebbe, così, la mariscalcìa, marescalcìa, maliscalcìa, maniscalìa e la forma sincopata mascalcìa.
Vediamo come il vocabolo si è nobilitato nel corso dei secoli fino a raggiungere o, per meglio dire, acquisire l’accezione attuale: il più alto grado nella gerarchia dei sottufficiali; quindi il militare che è insignito di tale grado.
Il termine, innanzi tutto, pur provenendo dal tardo latino mariscalcus, si rifà a un’antichissima parola teutonica: marhskalk. «Marhskalk! Chi era costui?» per dirla alla Manzoni. Nient’altro che uno sguattero, un servo (shalk) addetto ai cavalli (marh), insomma l’inserviente della stalla.
Da questo antichissimo termine i linguisti medievali coniarono il vocabolo mariscalcus (da cui l’italiano antico mariscalco) che nel corso dei secoli dovette sottostare a molteplici alterazioni di forma: marescalco, maniscalco, maliscalco e perfino quella sincopata di mascalco.
A questo punto era necessario creare un termine che indicasse — accanto a quello di colui che aveva la cura dei cavalli — la funzione del marescalco; si ebbe, così, la mariscalcìa, marescalcìa, maliscalcìa, maniscalìa e la forma sincopata mascalcìa.
Quest’ultima parola è la sola arrivata fino a noi e rimasta nell’uso per indicare l’arte del maniscalco, oltre, naturalmente, al termine — ormai consolidato — maniscalco (colui che ferra i cavalli).
Entriamo ora nella storia per vedere come il termine maresciallo si è evoluto e, quindi, nobilitato.
Sappiamo tutti che nei tempi andati il principe, il signorotto, possedeva una grossissima scuderia la cui manutenzione richiedeva una non comune perizia e non poche responsabilità. Il titolo di marshalk, per tanto, salì di grado: prima fu attribuito al capo degli stallieri e infine, addirittura, al capo, al responsabile delle scuderie reali e imperiali, che era un altissimo ufficiale. La fortuna del servo addetto ai cavalli era, ormai, all’apogeo.
Il vocabolo, infatti, approdò alla corte francese trasformandosi in maréchal: lì si cominciò a insignire del titolo di maréchal il comandante della cavalleria e poi quello di tutto l'esercito, di cui la cavalleria era la parte più importante, piú nobile. Il nostro maresciallo, quindi, sotto il profilo etimologico è l’adattamento del francese maréchal.
Tradiremmo gli amatori della lingua, però, se non mettessimo in evidenza un altro ramo della famiglia del maresciallo rimasto un umile ferratore di cavalli: il maniscalco. Quest’ultimo ha avuto dei discendenti poveri se non, addirittura, disgraziati.
Il vocabolo, infatti, si cominciò ad affibbiare a qualunque persona rozza e volgare («sei proprio un maniscalco!») poi, pian piano, ai masnadieri, ai delinquenti e agli assassini di strada; a tutti coloro, insomma, che non rispettavano le leggi. Nacquero, così, gli accrescitivi sempre più spregiativi: maliscalcione, maniscalcione e la solita forma sincopata mascalcione per arrivare, finalmente, all’odierno mascalzone.
Sotto il profilo etimologico quindi — e sia ben chiaro — tra l’ultimo dei mascalzoni e il primo dei marescialli non c’è differenza alcuna.
Il vocabolo, infatti, approdò alla corte francese trasformandosi in maréchal: lì si cominciò a insignire del titolo di maréchal il comandante della cavalleria e poi quello di tutto l'esercito, di cui la cavalleria era la parte più importante, piú nobile. Il nostro maresciallo, quindi, sotto il profilo etimologico è l’adattamento del francese maréchal.
Tradiremmo gli amatori della lingua, però, se non mettessimo in evidenza un altro ramo della famiglia del maresciallo rimasto un umile ferratore di cavalli: il maniscalco. Quest’ultimo ha avuto dei discendenti poveri se non, addirittura, disgraziati.
Il vocabolo, infatti, si cominciò ad affibbiare a qualunque persona rozza e volgare («sei proprio un maniscalco!») poi, pian piano, ai masnadieri, ai delinquenti e agli assassini di strada; a tutti coloro, insomma, che non rispettavano le leggi. Nacquero, così, gli accrescitivi sempre più spregiativi: maliscalcione, maniscalcione e la solita forma sincopata mascalcione per arrivare, finalmente, all’odierno mascalzone.
Sotto il profilo etimologico quindi — e sia ben chiaro — tra l’ultimo dei mascalzoni e il primo dei marescialli non c’è differenza alcuna.
Fausto Raso
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