Scritto da © Ezio Falcomer - Gio, 25/08/2016 - 03:30
Rodari e Bergonzoni si rompevano i coglioni a casa di Lietta Tornabuoni. Amari e dolci erano i conversari in casa Tornabuoni. E anche un poco vaghi. La cosa peggiorava quando arrivava quel flippato di Bartezzaghi. Sembravano dei maghi cui fosse sfuggito il controllo della situazione, tipo l'Apprendista Stregone. A notte inoltrata giungevano Eco e Gramellini. E lì comincivano i casini. Giocavano coi bastoncini di merluzzo, da cui traevano auspici foschi, quelle teste di struzzo. E sul più bello piombava Lebowski con quel figuzzo di Noam Chomsky. Alle sei di mattina, coi cornetti e col croccante pan, non se ne arrivava pure Lacan? "Orco can!" diceva Lacan, "il linguaggio è un sintomo, qualcosa di intimo, lo dicevo anche al Gran Khan". Era palese che era un poco di buono quello psichiatra francese. La maratona finiva con Corto Maltese e Oreste del Buono. Tutto assumeva un tono onirico, collirico, a tratti collerico. Si alzavano i toni, esplodevano osceni rimari. Tutto questo accadeva a casa Tornabuoni, quando arrivavano Bergonzoni e Rodari.
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