Scritto da © Ezio Falcomer - Mar, 16/09/2014 - 04:24
Cenere che sdrucciola sul bordo.
Carta stropicciata sul tavolo.
La pioggia che canta sulle cacche di piccioni.
La roba stesa.
Il delirio dei numeri quantici.
Le mani sapienti di Masaccio.
L’ernia fra quarta e quinta vertebra.
L’ineffabile calma di settembre torinese.
La vita che ha fluito fino ad ora;
le guerre, le stragi, le disperazioni;
il cabaret Voltaire e Disneyland;
Godot che non è ancora arrivato;
la mia risata di clown sopravissuto
ai lager alle bolge alle orge.
La mela sbucciata,
sapore che non ha nome.
Il sentirmi sempre più cretino,
ogni istante che passa, ogni atto che compio;
sempre più frate Indovino,
sempre più angelo sopra Dublino.
Carta stropicciata sul tavolo.
La pioggia che canta sulle cacche di piccioni.
La roba stesa.
Il delirio dei numeri quantici.
Le mani sapienti di Masaccio.
L’ernia fra quarta e quinta vertebra.
L’ineffabile calma di settembre torinese.
La vita che ha fluito fino ad ora;
le guerre, le stragi, le disperazioni;
il cabaret Voltaire e Disneyland;
Godot che non è ancora arrivato;
la mia risata di clown sopravissuto
ai lager alle bolge alle orge.
La mela sbucciata,
sapore che non ha nome.
Il sentirmi sempre più cretino,
ogni istante che passa, ogni atto che compio;
sempre più frate Indovino,
sempre più angelo sopra Dublino.
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