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Ermeneutica qualsiasi

Una ragazza qualsiasi, discretamente attraente e carina, parla per strada con un tizio qualsiasi, abbigliato con gli abiti di lavoro. E’ un’ora qualsiasi di un giorno qualsiasi: ci è testimoniato appunto dagli abiti: lui sta lavorando e si è fermato un attimo; lei neanche lavora e non è messa in ghingheri per andare chissà dove. Parlano di cose qualsiasi che di tanto in tanto infarciscono con battute qualsiasi, sorridendo. Si tratta dunque di una scena qualsiasi, una di quelle cui ad ogni ora e in ogni luogo è dato assistere. Quindi, tutto a posto? Tutto chiaro, appianato, ovvio addirittura…?
Neanche per sogno. Perché in una banale scenetta di tal genere ci cade dentro tutta la complessità e la difficoltà di vivere, di essere umani. Perché lei è cosciente del domino esercitato dal suo corpo attraente, in ogni modo e costantemente, sul suo interlocutore maschile, e questi, per quanto faccia le mosse di non darlo a vedere, è per così dire, sempre “malintenzionato” nei di lei confronti. Ossia, non smette mai di appetirla, come farebbe con un quarto di prosciutto dal salumaio. Perciò si raccontano fatterelli ininfluenti e non lasciano trapelare alcun intendimento altro che quel pizzico d’ironia pendente dagli angoli delle loro bocche ridenti. Ma il corpo di lei, non di meno, non ha smesso un secondo di esercitare il suo influsso ammaliante sull’animo di colui, asservendolo a intendimenti segreti, pretermessi, i quali, sia pure inattuati, continuano ad agire come una sorta di premessa a qualsiasi seguito la conversazione possa dar adito. E significano suppergiù che lui è comunque subordinato e servo della colei volontà. Ma lui, abboccando a quell’amo, non può dismettere l’abito che lo significa, cioè la foggia del cacciatore, e nel suo rivolgerle la parola quel referente non manca mai: donna- preda- desiderio- depredazione.
Ora tutto ciò, ad un secondo livello linguistico che travalica abbondantemente il primo, che corrisponde alla chiacchiera che li intrattiene, è tutt’altro che ignoto ai due interlocutori. Al contrario è proprio perciò che fingono di incontrarsi a quel primo livello, per quel secondo, appunto, più intrigante ed essenziale. In sostanza, il vero dialogo è questo:
lei: sono bella, desiderabile. Spingo un po’ verso te il seno. Muovo le curve delle anche, affinché tu le guardi.
lui: ti desidero, voglio prenderti, portarti a letto.
lei: puoi farlo, ma a certe condizioni. Anzitutto devi obbedire.
lui: sì, sono il tuo servo, ma voglio spupazzarti un po’.
lei: sì, puoi anche farmi un po’ male. Ma poi devi farmi star bene…
lui: sì, sì, qualsiasi cosa…
lei: il piacere ha un prezzo…
sì – pensa soltanto lui stavolta – tu intanto dammelo, procuramelo, poi vedremo…
Ora, questo dialogo immaginario lo immaginiamo più reale di quello effettivo e senza conseguenze dei due. Immaginiamo che è questo ciò che davvero premeva loro e che se, invece, hanno parlato d’altro, è per rispetto delle convenzioni- che aborrono le strade troppo dirette- che l’hanno fatto. Ma se il dialogo reale è quello immaginario, dobbiamo andare ancora oltre e immaginarci cosa c’era ancora più in là. Perché ciò che lei lascia intendere, pur senza parlarne, e cioè che “potrebbe starci” a quelle determinate condizioni, sottintende un patto ancora più stringente: la totale sottomissione di lui a ciò ch’ella vuole dalla vita- dalla vita, non da lui. E lui, per parte sua, pensa invece di giocarsela d’astuzia, prima approfittandone, per il suo piacere, e poi, quando il gioco si fa serio, magari svignandosela, facendo retromarcia, o, se vogliamo, scrollandosi le responsabilità- che è ciò che lui chiede alla vita, il puro godere, assoluto e menefreghista.
Perciò mentono, mentono sempre le ragazze qualsiasi che parlano coi ragazzi qualsiasi. Mentono sia quelle che questi, perché portatori di una costante linguistica che, attraverso i secoli, non è servita che a mentire e a dissimulare la verità di un interesse che, essendo impronunciabile per la bassezza delle sue brame, ha finito per non essere neanche sfiorato in colloqui “mascherati” e “malintenzionati”. E mentono perché sanno l’una dell’altro d’esserne ben avvisati, perché altrimenti non s’incontrerebbero mai più su nessuna qualsiasi strada a lambiccarsi su nessuna qualsiasi cosa.
 
 
 
 
 
 

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