Scritto da © Silvia De Angelis - Ven, 24/06/2011 - 07:21
Traduzione
Il mondo gira
Noi che stiamo quaggiù
non troviamo il verso di capire cosa c'è sopra di noi.
Dialetto umbro
Fa parte delle lingue indoeuropee estinte il dialetto umbro ed era parlato dal popolo antico che abitava nei territori ad est dell’alto corso del fiume Tevere. Ci è noto tramite le tavole eugubine, in bronzo scolpito, contenenti le leggi sacre della città umbra di Ikuvium (la Gubbio di oggi), scritte in alfabero umbro.
I dialetti dell’Umbria fanno capo a tre aree linguistiche principali: la prima nord occidentale (ne fanno parte Perugia, Città di Castello, Gubbio e l’Alta Valle del Tevere), la seconda sud-orientale ( appartengono a quest’area Foligno, Spoleto, Nocera Umbra, Norcia, Cascia, Terni, Amelia), l’ultima sud occidentale che comprende Orvieto e il suo territorio.
Inoltre esistono delle zone di transizione(quella del Trasimeno, Gualdo Tadino e Assisi) che hanno risentito delle influenze linguistiche della Toscana, delle Marche e dell’alto Lazio.
L’unico dialetto ad avere delle sue caratteristiche peculiari, senza risentire di altre discendenze linguistiche, è il perugino.
Il centro geografico di Perugia non fu zona di confluenza stradale, infatti la parte collinosa e il baluardo dell’Appennino deviarono la costruzione e l’immissione in strade interregionali. Le arterie stradali dell’Umbria, la Cassia che passa per Orvieto, e la Flaminia che da Foligno sale per l’Appennino erano e sono assai lontane da Perugia. Quindi tale isolamento ha influito notevolmente sull’evoluzione sociale e sulla formazione individuale di ogni cittadino. Ed è in questa particolare situazione che il perugino dovette fidare solamente sulle proprie forze. Ne derivò grande autosufficienza e un notevole sottolineare fedeltà ai valori naturali, cercando di conservarli il più possibile
Fa parte delle lingue indoeuropee estinte il dialetto umbro ed era parlato dal popolo antico che abitava nei territori ad est dell’alto corso del fiume Tevere. Ci è noto tramite le tavole eugubine, in bronzo scolpito, contenenti le leggi sacre della città umbra di Ikuvium (la Gubbio di oggi), scritte in alfabero umbro.
I dialetti dell’Umbria fanno capo a tre aree linguistiche principali: la prima nord occidentale (ne fanno parte Perugia, Città di Castello, Gubbio e l’Alta Valle del Tevere), la seconda sud-orientale ( appartengono a quest’area Foligno, Spoleto, Nocera Umbra, Norcia, Cascia, Terni, Amelia), l’ultima sud occidentale che comprende Orvieto e il suo territorio.
Inoltre esistono delle zone di transizione(quella del Trasimeno, Gualdo Tadino e Assisi) che hanno risentito delle influenze linguistiche della Toscana, delle Marche e dell’alto Lazio.
L’unico dialetto ad avere delle sue caratteristiche peculiari, senza risentire di altre discendenze linguistiche, è il perugino.
Il centro geografico di Perugia non fu zona di confluenza stradale, infatti la parte collinosa e il baluardo dell’Appennino deviarono la costruzione e l’immissione in strade interregionali. Le arterie stradali dell’Umbria, la Cassia che passa per Orvieto, e la Flaminia che da Foligno sale per l’Appennino erano e sono assai lontane da Perugia. Quindi tale isolamento ha influito notevolmente sull’evoluzione sociale e sulla formazione individuale di ogni cittadino. Ed è in questa particolare situazione che il perugino dovette fidare solamente sulle proprie forze. Ne derivò grande autosufficienza e un notevole sottolineare fedeltà ai valori naturali, cercando di conservarli il più possibile
Er monno gira (dialetto umbro)
Er monno gira
Noantre che stemo toquagghjù
non potémo arcapezzà er verso
de capì
che ci sta tolassù.
Ce potemo scjurvellà
quanto ce pare
ma non capìmo mae
chi tene la palla e la fà girà.
Ce frulla er cjurvéllo.
Volemo sapé tanto,
ce pare d'esse er Patreterno ,
volemo fa' ,volemo comannà
e non c'jaccorghjémo
che se ghjemo a strégne,
c'jartroamo
co' 'na manciata de terra 'nto le mane.
Che monnaccio!
E de chi te poli fidà?
Ci sta solo Uno ,che fa le cose ghjuste,
che non ghjé sfugge gnjente,
e sa mette a posto le faccènne
Ce conta ache li capilli der capo.
Per furtuna che ci stà Qujllo tolassù!
E sinnò ,che facjamo
co' stù monno che gira? (Cesira Bevagna)
Er monno gira
Noantre che stemo toquagghjù
non potémo arcapezzà er verso
de capì
che ci sta tolassù.
Ce potemo scjurvellà
quanto ce pare
ma non capìmo mae
chi tene la palla e la fà girà.
Ce frulla er cjurvéllo.
Volemo sapé tanto,
ce pare d'esse er Patreterno ,
volemo fa' ,volemo comannà
e non c'jaccorghjémo
che se ghjemo a strégne,
c'jartroamo
co' 'na manciata de terra 'nto le mane.
Che monnaccio!
E de chi te poli fidà?
Ci sta solo Uno ,che fa le cose ghjuste,
che non ghjé sfugge gnjente,
e sa mette a posto le faccènne
Ce conta ache li capilli der capo.
Per furtuna che ci stà Qujllo tolassù!
E sinnò ,che facjamo
co' stù monno che gira? (Cesira Bevagna)
Traduzione
Il mondo gira
Noi che stiamo quaggiù
non troviamo il verso di capire cosa c'è sopra di noi.
Ci possiamo anche scervellare ,ma non capiremo mai
chi tiene in mano tutto il creato, la terra che gira.
Ci sembra di capire tanto
di essere padreterni,siamo prepotenti
e non ci accorgiamo che alla fine se stringiamo il discorso,
di essere padreterni,siamo prepotenti
e non ci accorgiamo che alla fine se stringiamo il discorso,
siamo un pugno di terra.
Che brutto mondo ! Di chi ti puoi fidare?
C'è solo Uno che fa le cose giuste,mette a posto le cose,
Che brutto mondo ! Di chi ti puoi fidare?
C'è solo Uno che fa le cose giuste,mette a posto le cose,
che sa tutto di noi e ci conta anche i capelli.
Fortuna per noi che esiste Dio lassù,
altrimenti che facevamo con questo mondo che gira?
Fortuna per noi che esiste Dio lassù,
altrimenti che facevamo con questo mondo che gira?
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