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Eppur si muove

Il cielo è vuoto, vogliamo scommettere?
Ma se tale non fosse, allora vorrei rovesciarvi una specie di prece o di querela, a redarguirlo:
perché, o Cielo, ci sei così inviso? Perché tanta avversione per l’uomo?
Perché mostri tanta falsa benevolenza
e poi, in un niente, in uno schiocco di dita siderali,
in un colpo di tosse d’apocalisse appunto rovesci un’apocalisse
contro la tua stessa benevolenza, contro i tuoi stessi ideali?
Contro di noi, cioè. Non siamo noi i tuoi ideali?

Ma te sei vuoto, o Cielo, e nel vuoto non galleggiano ideali di sorta. Ma solo disgrazie che prima o poi s’involeranno alla tua volta, e alla tua, e alla tua… Bisogna difendersi dal Cielo, ripararsi, sprofondando magari, come vermi, nelle viscere fangose della madre-terra. Sì, siamo i vermi amati e coccolati solo dal fango e dal brutto. E ciò che è bello, splendente, iridescente, di lassù, ci abomina e ci ripudia. Nulla che ci ami quaggiù o lassù, oltre all’atterrita solitudine di noi alieni senza misericordia: solo il nostro disperato auto-amore, cui siamo giocoforza piegati dall’ulcera implacabile dell’angoscia, spada di Damocle irresistibile ch’eppur si muove sopra di noi. 
 

 

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