Scritto da © Eleonora Callegari - Dom, 30/07/2017 - 20:31
Erano cresciuti assieme, quasi fratelli, sulla riva di quel piccolo canale, condividendo cieli e cieli, cupi o splendenti, ogni filo d'erba conosciuto e lasciato. Il prato nuovo a primavera e gli anatroccoli, quanti avevano preso il volo!
Storditi dalle cicale, sorpresi dal gorgheggio dei merli, ridevano dell'airone immacolato dalla voce così sgraziata. Bevevano la pioggia tremando ai baleni del fulmine. E quel sbracciarsi ad arraffare le stelle e solleticare la luna... Quel parlarsi con la voce del vento...
Come spesso accade uno era lungo e affilato, l'altro più basso e grassoccio ma la loro amicizia non era fatta di estetica. Vivevano in simbiosi, le stesse braccia lunghe l'attaccamento a quella madre terra...
Un giorno uno di loro, il più alto, si ammalò. Ogni anno perdeva vigore e l'autunno trovava sempre più stracciata la sua veste. Divenne calvo, magro e infine morì.
L'amico non si dava pace e continuava a vegliare le sue ossa. Era straziante convivere con l'immagine di quella dolorosa morte, appresso. Avrebbe voluto dare una qualche sepoltura a quel povero corpo ma, le sue braccia sapevano solo ondeggiare e non riusciva a muoversi.
Giunsero una mattina mani, umane, a rimuovere quei poveri resti lasciando solo polvere ai piedi dell'amico.
Ecco, ora avrebbe vissuto la sua vita da pioppo solitario, Ora poteva dire addio e sbrigliare il ricordo dei giorni più lieti in quell'amicizia che gli aveva dato tanto e lasciarsi andare, alla nostalgia di qualche foglia gialla, in estate.
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