Scritto da © Alexis - Mer, 13/07/2011 - 09:54
Frammento del 18 Gennaio 1809,
Varsavia
Varsavia
Oggi scopro che la poesia m'annoia, m'annoia indicibilmente.
È stata una rivelazione, una sorta di pioggia fredda cadutami addosso d'improvviso, mentre avevo le spalle scoperte ed impreparate; eppure l'ho accolta con placida tranquillità, rassegnata accettazione.
Ho realizzato come questa scoperta, in realtà, non agisca, deturpandola, sulla mia fantastia creativa a riguardo, quanto piuttosto essa si manifesta nella lettura, in quella condizione che mi pone come spettatore più che protagonista della poesia stessa. È possibile rivelare in ciò un marcato e presuntuoso narcisismo, ed effettivamente non posso negare che esso giochi una parte importante della mia persona, però la mia noia non trae origine da esso, ha radici ben più profonde che si legano alla vuotezza di certe opere poetiche che mi è capitato di leggere.
Trovo una gran parte della produzione poetica eccessivamente molle, lasciva, romanticamente patetica, pochi sono gli spiriti che riescono ad infondere un'anima orgogliosa, fiera, al verso.
Pochi sono i sonetti ruggenti, le liriche sfolgoranti e portatrici di una luce accecante e brillante, poche sono le odi che stregano, ammaliano l'anima avvolgendola fra spire sinuose e sensuali, come serpenti... ebbene: dove è finita la poesia, quella vera e carica di senso? Quella che risplende come oro vivo sul letto di un fiume in piena o forse anche placido ma vigoroso e delicato allo stesso tempo?
S'è persa l'anima della poesia, e s'è persa d'un tratto, spirata senza che nessuno ne avvertisse la morte. Questo pensiero m'affligge e stringe il cuore in una morsa letale...
È stata una rivelazione, una sorta di pioggia fredda cadutami addosso d'improvviso, mentre avevo le spalle scoperte ed impreparate; eppure l'ho accolta con placida tranquillità, rassegnata accettazione.
Ho realizzato come questa scoperta, in realtà, non agisca, deturpandola, sulla mia fantastia creativa a riguardo, quanto piuttosto essa si manifesta nella lettura, in quella condizione che mi pone come spettatore più che protagonista della poesia stessa. È possibile rivelare in ciò un marcato e presuntuoso narcisismo, ed effettivamente non posso negare che esso giochi una parte importante della mia persona, però la mia noia non trae origine da esso, ha radici ben più profonde che si legano alla vuotezza di certe opere poetiche che mi è capitato di leggere.
Trovo una gran parte della produzione poetica eccessivamente molle, lasciva, romanticamente patetica, pochi sono gli spiriti che riescono ad infondere un'anima orgogliosa, fiera, al verso.
Pochi sono i sonetti ruggenti, le liriche sfolgoranti e portatrici di una luce accecante e brillante, poche sono le odi che stregano, ammaliano l'anima avvolgendola fra spire sinuose e sensuali, come serpenti... ebbene: dove è finita la poesia, quella vera e carica di senso? Quella che risplende come oro vivo sul letto di un fiume in piena o forse anche placido ma vigoroso e delicato allo stesso tempo?
S'è persa l'anima della poesia, e s'è persa d'un tratto, spirata senza che nessuno ne avvertisse la morte. Questo pensiero m'affligge e stringe il cuore in una morsa letale...
Domani partirò per Monaco, questa città ormai non ha più nulla da offrirmi.
Sebbene l'ami quanto e più di come si possa amare una donna, sento in me la necessità dell'altrove.
Proporrò il mio racconto agli editori del luogo, sperando di trovare maggiore fortuna e consensi.
Sebbene l'ami quanto e più di come si possa amare una donna, sento in me la necessità dell'altrove.
Proporrò il mio racconto agli editori del luogo, sperando di trovare maggiore fortuna e consensi.
Alexis[A.H.V.]
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