“ciao Franco,
avevo scritto che c'erano troppi aggettivi e poi ho cancellato perché ho deciso che non commento più se non positivamente, tanto chi se ne frega dei commenti”
Ecco, a me dei commenti me ne frega, eccome. Io non sono una brava maestra in questo. In genere, anzi, credo sempre, faccio solo commenti positivi. Non arrivo a dire che un'opera mi piace se così non è, magari glisso. Ma non credo di aver mai scritto cose negative su un componimento. Però, se qualcuno fa a ME un commento non positivo, o negativo, o addirittura offensivo (mi è capitato, non qui, ma mi è capitato), non mi verrebbe mai di cancellarlo. Anzi, li trovo utili e mi è capitato più volte di modificare una poesia o uno scritto in seguito alle segnalazioni di qualcuno, in qualsiasi modo espresse.
Questo per due motivi:
1) non è che se vedo una sfilza di commenti positivi penso di aver scritto un capolavoro e che Einaudi o Scheiwiller non mi pubblicano solo per insipienza;
2) a me la poesia INTERESSA. Per questo se un lettore, chiunque sia, mi dice: questo non suona bene o fa... ehm, evacuare, dopo la prima reazione di fumo agli occhi, cerco di capire perché, se è solo una sua opinione - ad esempio, a lui/lei piacciono solo i sonetti - o se magari, nel mio capolavoro quotidiano non ci sia una seppur minima falla, proprio quella piccola imperfezione per cui anche quest'anno non mi hanno dato il Nobel.
Proprio la possibilità di interagire coi commenti credo sia una delle opportunità in più offerte dal partecipare a un sito come Rosso piuttosto del semplice farsi un proprio blog o sito o quel che è: una opportunità di crescita e di confronto.
Epperò vedo che a volte (spesso) la reazione ai commenti che non siano una ola di benvenuto è a dir poco piccata, e non capisco perché. Si presume malafede nel commentator scortese? Lo si ritiene mosso da chissà quali motivazioni recondite, invidie, gelosie?
Insomma, non capisco. E quando non capisco, chiedo...
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