Scritto da © Amantine Aurore - Mar, 01/02/2011 - 14:07
Le case,- pensava Amantine,mentre vedeva scorrere i tanti suoi porti,-Ti fermi quanto basta,ci lasci un'impronta ,uno spezzone divita e mai ti calzano tutta.Come un abito le tieni addosso ,ti affezioni finché qualcosa comincia stonare,hai fretta di mutare vestito e scegliere un abito nuovo scordando i vecchi indumenti nell’armadio all’ingresso di turno. Viaggi con pochi bagagli,quel tanto che basta per non patire l’inverno, un cappello per giornate di sole,
una lampada ad olio per addolcire di notte, i libri con cui parli nel giorno,gli oggetti più strani raccolti in passeggiate notturne frequentazioni d’assurdo.Lo sguardo di Aurore cadde in quel preciso momento su scritta vergata a biro sulla prima pagina ormai ingiallita dal tempo, Rita 1972 Trasalì a quella visione- Che strano trovarla ora, alle13.20 proprio sul libro di Sartre che un altro ricordo aveva riscosso dagli scaffali polverosi di legno solo una manciata di ore appena trascorse - Nell’isba si celava di certo un mistero e lei lo percepiva ogni giorno di più .A conclusione del viaggio. quando aveva scelto di vivere là, vi aveva ammassato i ricordi,i libri ,gli oggetti ,i visi del tempo passato. Non riusciva a separarsene anche se giacevano muti, da anni, ai suoi occhi distratti,occupati dagli impegni del giorno. La loro memoria si era offuscata. i loro fantasmi li aveva cacciati nel ripostiglio più buio .in cui evitava di entrare,tanto da non rammentarne ormai più l’esistenza.- Il passato è passato,chiuso- Si diceva a conforto- Il presente è adesso, pensiamo al futuro!-.Che strano decidere quando far iniziare la vita, ma lei aveva tracciato con inchiostro indelebile una data:1880.. Sì, Aurore era nata quel giorno!…Un colpo di spugna voluto,un chiavistello, un tabù che non poteva violare. Ma che cosa temeva Amantine per avere stracciato da sé l’antico suo volto? Sapeva forse di aver troppo osato, di aver scardinato qualcosa, di essere entrata nel buco della serratura del tempo e d avere viaggiato trasportata in un’onda spaziale?Sapeva che era magia, che non era normale.Aveva ancora un vago ma incessante ricordo di trovarsi fra i flutti , un giorno, persa la presa, il timone si spezzò e lei si trovò in mare. Il panico la prese, si vedeva morire ,affogare era spettatrice commossa del suo lento morire ma una voce da dentro, si fece più forte –Resisti ,non ti abbandonare ,la spiaggia è vicina, devi lottare- E fu cosi che Aurore si ritrovò su rena ospitale- Ricompose le vesti,e il suo volto disfatto poi risoluta ripose la chiave del mondo sommerso in alto, sul portachiavi all’ ingresso di casa mischiate alle chiavi di serrature in disuso o cambiate. Si diresse dal fabbro lì acconto e scelse per il mondo terrestre una chiave, nuova di zecca, d’acciaio lucente- Ma ora quel nome vergato sul libro la riportano in dietro e inizia il suo gioco di andare a ritroso,senza un ordine logico, spaziale, solo nessi, analogie e rimandi. Le immagini scorrono si legano a emozioni vissute, a segni e simboli lontani.
Da quando aveva riscoperto quell’isba Amantine la sera. rileggeva se stessa, riannodava dei fili e scavando all’indietro, si ritrovava nel centro di lei .Scrisse, un giorno passando la mano su una lucida conchiglia “porcellino di mare” mi fece notare qualcuno che la sapeva già lunga,una frase partendo da destra verso sinistra, al contrario lei scrisse – A ritroso nel tempo, leggo il presente e scrivo il futuro...- Quest’isba è proprio stregata , sembra normale ma, se ti lasci un pò andare, inizia a giocare, a disporre dei puzzle e i disegni che si vanno ad incastrare- . Amantine era una patita di chiavi, ne aveva a mazzi: appese, nascoste in cassetti, gettate in contenitori di latta. Ogni volta impazziva a trovare quella giusta che aprisse la porta. Provava, tentava , insomma,perdeva un sacco di tempo, finché – Eureka!-insistendo, la scovava. Scrisse finanche una poesia sulla chiave perduta. Era di luglio e sul prugno dell’ortaglia che si estende non lontana dall’isba, eredità del nonno paterno, i grossi frutti violacei le rammentavano il tempo della raccolta. L’orto era abbandonato da tempo ,non le avevano trasmesso né il padre né la madre l’arte antica dell’orto. L’albero,tuttavia s’era rinvigorito, quasi che lo stato selvatico circostante gli avesse convogliato e fatto fluire tutte le energie di quel pezzo di terra e ,manco adirlo, aveva, per la prima volta, fatto maturare abbondanti e invitanti frutti. Ma qual era il problema? Non c’era verso per Amantine di ritrovare la chiave del lucchetto che teneva serrata la porta di legno con una pesante catena.
Lei già aveva avuto qualche sospetto. -Forse la chiave di volta era dentro di lei?, Lei aveva perduto la chiave? ..Certo- pensava- Qualcuno aveva chiuso quell’orto dove lei si sentiva estranea e ora,che tutto era tornato selvaggio,cos’era quella voce insistente: -Cerca la chiave,la chiave perduta non è lontana.,cerca nei mazzi, tu sai come fare!!-Amantine sapeva che non era razionale,anzi pensava di non essere del tutto normale. Era inutile rovistare cassetti, ribaltare, svuotare le tasche, lei si sarebbe fatta un giorno trovare, perciò ,al momento, decise di far scavalcare la rete in attesa di entrare. Passò circa un anno,.poi un giorno, ripulendo un vecchio carrello di plastica verde telata,con disegno scozzese che sua madre usava per trasportare la spesa e soprattutto gli ortaggi dall’orto fino a casa, nella tasca più esterna, ricomparve la chiave. La riconobbe, anche se un pò arrugginita dall’umidità sorbita, dalla medaglia di un papa che ornava l’anello. Non poteva che essere quella, conosceva sua madre – Finalmente- si disse -Ora posso entrare- E la ripose di nuovo sul portachiavi di rame battuto , fra due boccioli di rose e tre foglie di verde smaltato. I giorni d’estate passarono, venne l’autunno, lei ogni tanto passava dall’orto, gettava uno sguardo, distratto,forse sarebbe entrata,mah,chissà! Certo era che,toccandosi in tasca ogni volta. con disappunto, si diceva – Uffa… la chiave! Peccato, anche questa volta,non c’è, l’ho lasciata in casa!!-
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