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Contrapposti

Ho qui il mio esercito:
ogni tanto qualche nota mi cade nel presente -austero vascello--
ho bisogno di un ghiacciaio invece, dove stemperare, ripulirmi di ombra.

Oggi si perde per l’ultima volta e c’è sempre un chiodo decisivo allo zoccolo,
un’ultima Ifigenia da sacrificare. Ma questo è il giorno
e non ci sono altri tempi che girino per l’occidente.
Ho il ghigno giusto la cattiveria dello stalliere.
Mi viene a dire dei rumori e di luci distorte:
non sono musiche gitane né ballano felici i figli
ma copiano danze di gatti
e gatte che non si fanno piegare le gambe.

Fafnir è morto e Sigfrido è flaccido di cortesia
io dico non ce la farà con Brunilde,
Cambieremo la storia, se occorre uccideremo Wagner.

Ci sono vespe nel circondario,
Prenderemo il necessario per sopravvivere in fuga:
ardono i desideri di stupro, come Baccanti cercano il Poeta.
 

La notte ha occhi di brigante e fucili e cannoni e cingoli
Se ci ha stretto d’assedio c’è solo una cosa da fare oltre a fondere eroina.
Lo scacco è un granaio di topi e smeraldi,
che vengano a prenderne per i lustri futuri,
partano dalle terre di Giuda, catturateli con gli ori nei sacchi.

 

È qui la vendetta e l’Africa d’intorno,
bruceremo tutto e ritorneremo a sfidare lupi e denti a sciabola
nei nostri termitai sarà vincente Nembrot.

 

Noi qui,
nei viali dei supermarket non faremo che sovrapporre ragioni ai polsi
e l’elenco delle cose da comprare, per sempre rinnovare la fame.
Che stupido lasciare le Veneri con i loro ombelichi aperti,
le ferite infettate, i flussi sconvolti.
Le avevo per uno scambio di odio con odio, poi le ho amate, tutte
da tutte generato una cometa un chicco una lamiera
e sono qui padre inerme in un deserto di abbandoni
con queste formiche pazze per il Dio inquieto.

 

Erano versi mai finiti, visi e storie che urgevano la vita,
m’imploravano inesausti con occhi cangianti dalle loro prigioni.
Ma io non sono stato buono con la parte migliore di me
mi sommerge il canto, la nenia, un guscio di tenerezza.


Non è che un miraggio il canto, come un tempio per non essere schiacciati.
Vale l’inferno liberarlo dai ferri. Qualcuno è già venuto ai capitelli,
cercava il giuda il caino il nervo ribelle, nessun abbellimento all’insegna della luna
se non ungere d’uomo l’universo come fosse giusto ucciderlo in più.



 

 

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