Scritto da © ComPensAzione - Lun, 15/04/2013 - 22:12
Prima di sposarmi in famiglia abbiamo avuto un susseguirsi di gatti, sempre femmine, che regolarmente finivano investite dalle auto della trafficata strada fronte casa : troppo intraprendenti, sempre in giro, arrivavano a casa da chissà dove solo negli orari dei pasti . Solo una è riuscita a sfornare una cucciolata di tre gattini, e mentre lei se ne andava a girellare in giro il cane di casa, un pointer maschio, si piazzava accanto alla cuccia non lasciando avvicinare nessuno, a volte si stendeva a pancia in su e i gattini si attaccavano ai suoi capezzoli, succhiando e muovendo ritmicamente le zampine a cercare di spremere un latte che non c'era. Non ho mai avuto un bel rapporto con i gatti, anche se quella che apparteneva alla famiglia di mio marito, gatta isterica e intrattabile, quando andavo in visita da loro mi si piazzava sulle ginocchia facendo le fusa tra lo stupore generale : forse è l'unica che allora mi accettava come una nuova componente della famiglia. Ho avuto un altro gatto, poi, da sposata : un gatto nero tanto brutto da piccolo quanto bello da adulto . Un gatto intero, mai voluto castrare dal marito che attorniato solo da 'femmine' si illudeva di mantenere un'armonia dei sessi nel mantenerlo integro, con tutte le negatività che in periodo d'amori questo comportava - il segno immancabile del territorio -. A dispetto delle gatte, il mio era un animale casalingo : non usciva mai, si piazzava sopra il frigorifero ad allungare una zampa quando qualcuno passava vicino, dormiva tutto il giorno e solo verso sera veniva a cercarci per giocherellare, mangiava e poi tornava ad appisolarsi sul frigorifero . Ha fatto una brutta fine : soggetto a intasamento delle via urinarie - proprio per il non volerlo castrare a tutti i costi - dopo il terzo intervento abbiamo dovuto sopprimerlo. I gatti sono degli animali strani, dimostrano un affetto di compiacenza, sono indipendenti, un po' selvatici , difficilmente addomesticabili, il loro sguardo non è mai sottomesso, non si spaventano facilmente e hanno una fierezza che difficilmente si trova nel loro antagonista, il cane. Dicevo, non ho mai avuto un buon rapporto con i gatti : mi capitava a volte di essere impegnata in qualcosa e, sentendomi osservata, alzavo la testa e incorciavo lo sguardo della gatta o gatto di casa, uno sguardo attento, inquisitore, fisso che non calava all'incontro dei miei occhi . Calavo io, i miei, quasi che a fissare le loro pupille si potesse in qualche modo scatenare una reazione che non avrei saputo gestire : i gatti con la schiena inarcata, la coda gonfia e il pelo ritto non so per quale motivo ma mi spaventano più che incontrare un cane irritato, forse perchè un cane è più 'gestibile', non so. Spesso mi capitava di identificare delle persone che istintivamente non mi piacevano con dei gatti : ed ecco che una 'amica' del marito, ironicamente invitata a cena in casa mia ricevendone in cambio un umiliante atteggiamento per tutta la serata, si trasforma in un gatto rosso , dalla coda lunga che si avvolge in spire attorno alle gambe, un gatto dal sorriso sornione ma dallo sguardo cattivo. Si dice che i gatti prediligano i rapporti con le donne, per svariati motivi, e in passato questo intimo rapporto poteva persino sfociare nell'accusa di stregoneria : non c'era strega che non ne possedesse uno, e la sua presenza era considerata la personificazione del diavolo. Il gatto che avevo in casa non l'avevo scelto io : l'ha portato mia figlia e solo dopo anni mi ha confessato che della cucciolata era il più brutto e l'aveva preso lei perchè nessun altro l'avrebbe voluto. Scelto con l'assicurazione che era una femmina, si rivelò un maschio, sicuramente non un dominante, ed è stato in verità, a parte i danni dei primi anni da cucciolo, una presenza discreta . Abbiamo condiviso sette anni ; come capita spesso l'impegno della figlia bambina al suo accudimento si esaurì a breve e il dovere di cibarlo e curarlo si trasferì nella lista delle mie quotidiane attività. Negli anni il riempirgli le ciotole di acqua e cibo, pulire la sua cuccia e la lettiera, pettinarlo nei periodi di muta stagionale, erano diventate abitudini acquisite , le facevo senza pensarci troppo, credo anche senza un vero affetto : nutrivo solo le sue primarie necessità, per le coccole e i giochi c'erano il marito e le figlie . Poi la sua malattia che mi ha portato, in periodi distinti, ad un andrivieni da veterinari, quasi sempre io e lui soli : in quei momenti, quando lo posavo sul lettino per la visita, lui si aggrappava a me perchè ero l'unico suo riferimento conosciuto . Infine, la decisione di sopprimerlo, quando non era più possibile recuperarlo - il suo sommesso lamento mi ha accompagnato per giorni -. Cosa è successo poi ? Che la sua morte, in qualche modo inevitabile, è stato un vero e proprio lutto familiare : credevo che essere sollevata dall'impegno quotidiano della sua cura fosse un sollievo, invece ogni volta che alzavo gli occhi sopra il frigo , o mi capitava tra le mani per caso qualche suo gioco ripensavo a lui e mi sono accorta che avevo coltivato un affetto che non pensavo possibile . Non ho avuto altri animali per un po' di anni : ogni richiesta di riempire il vuoto lasciato dal gatto veniva respinta con le scuse più disparate . Ma era una perdita che non riuscivo ancora a superare - si può anche sorridere al pensiero di soffrire per un gatto e magari rimanere indifferente alla morte di una persona, ma capita - . Forse, se fosse morto per vecchiaia al termine di una serena esistenza, tutto sarebbe stato diverso. Ora ho un cane, anzi, una cagna : nei suoi occhi leggo una dedizione che non merito perchè mi ero prefissata di non lasciarmi coinvolgere , ma mi accorgo che non si possono rendere asettiche le relazioni; nello stesso momento che si instaurano, qualcosa, volente o nolente, passa da uno all'altro, e si annida, come un batterio, rende comune ciò che era diviso, per quanto diversi, inimmaginabili, contorti, contrapposti possano essere i due esseri che si incontrano.Anche questo animale non l'ho scelto io : l'ho accettato per quieto vivere, per soddisfare desideri di altri, e ormai c'è, entrato nella mia vita come un cucciolo di pelo, ora sono 42 Kg che si fanno largo nei miei spazi - e nel mio cuore, che sembra abbia la capacità di un super attico extra large -.
La vita è costellata di scelte, ma anche di non-scelte : non si possono scegliere i genitori, i fratelli e le sorelle , i figli , i nipoti ... l'unica vera scelta, in fatto di rapporti familiari, è quella del compagno con cui si decide di con-dividere le proprie esperienze di vita . Ad un estraneo, uno che non ha il tuo sangue, i tuoi pensieri, concedi di appropriarsi del tuo corpo, di una parte dei tuoi pensieri : che sia per amore o per convenienza, per abitudine o per quieto vivere, tu metti te stesso nelle sue mani con all'inizio la sicurezza - poi l'illusione o anche l'angoscia - che potrà essere per sempre . Con un animale è diverso : la sicurezza c'è del 'per sempre' , il suo 'per sempre' ... perchè a lui non si chiedono promesse, d'istinto sa di appartenere - anche i gatti, in fondo - e se si cambia modo di essere non è per delle loro imposizioni psicologiche ma perchè il cambiamento è naturale - per le esperienze, per l'età , la malattia , molteplici fattori di cui l'animale non è ne' causa ne' effetto, e non ti incolperà mai di esserne causa od effetto - . Si desidera a volte esserlo, animali : senza la responsabilità di una coscienza, senza dover chiedersi motivi di niente, la sufficiente gratificazione di desideri che sono naturali necessità, nessun impegno di progetti futuri, di legami che soffocano, vivere e basta. Certo, esistono anche gli animali in gabbia : noi li guardiamo con la malinconica pietà di animali privati della libertà, della scelta, ma loro non se ne fanno un cruccio fintanto che le loro necessità vengono supplite senza il loro minimo sforzo. Noi invece abbiamo la necessità e il bisogno di giustificare o dare un senso ad ogni nostro sforzo, ad ogni nostra ricerca, ad ogni nostra scelta, e tra le variabili dei nostri sforzi, delle nostre ricerche e delle nostre scelte siamo appesantiti - non tutti - dai sentimenti . Mi stupisce - e forse un po' invidio - chi dichiara e dimostra che riesce a rimanere estraneo e indifferente agli altri nelle proprie relazioni, che si gratifica dell'altrui uso per il proprio piacere personale : io non riesco a rimanere indifferente nemmeno nelle relazioni con gli animali, per quanto cerchi di esserlo, non ci riesco . Persino sugli oggetti riesco a riversare sentimenti e affetti : ai miei occhi si trasformano quando mi ricordano momenti della mia vita in cui ho gioito, ho sofferto, ho amato e odiato .
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