Scritto da © ComPensAzione - Gio, 07/02/2013 - 14:00
Era fastidioso come un buco nelle calze, non di quelli sul retro della gamba
che non ce se ne accorge e si pensa di essere perfette fino a quando qualcuno
ce lo fa notare e allora sembra che tutto il mondo stia lì ad osservarlo, no,
era come quei fastidiosi buchi che abbracciano l'alluce ed ad ogni passo sono
lì che rodono a farci partecipi della loro presenza. Glielo avrebbe anche
voluto dire mentre lo guardava parlare , lì seduti a quel caffè, lui che
parlava, parlava, e lei che faticava a concentrarsi sulle sue parole, fissando
lo sguardo sulle sue labbra ma niente, le parole le sfuggivano via, aveva solo
il pensiero del buco. Era così intento ad ascoltarsi parlare che nemmeno si
accorgeva del suo disagio anche perchè, ogni tanto, quando gli occhi si
incrociavano, lei annuiva con il capo, accennava ad un sorriso, ma era come
quando, adolescente, ascoltava qualche lezione poco interessante, indossava la
maschera dell'apparenza e lasciava vagare i suoi pensieri.
Non che fossero, in quel momento, pensieri creativi o particolarmente
profondi, no, pensava all'alluce, a come s'era aperto la strada nel buco magari
ispirato da un'illusoria libertà, e lo paragonava a lei, costretta come
l'alluce in scarpe troppo strette di cui si era affascinata per l'eleganza e la
sensualità che sembravano proporre e sulle quali ora arrancava a fatica. Era
fastidioso, sì, continuava a ripeterselo, non per convincersi, lo era da tempo.
Si domandava se era l'abitudine, la troppa conoscenza che lo avevano cambiato,
oppure era sempre stato così e la passione l'aveva mascherato di un fascino che
non possedeva. Muoveva le mani lui, nella foga del discorso, e le muoveva
troppo, e anche questo la stava irritando, lo trovava ridicolo come un
ballerino senza musica, non di quelli aggraziati che il movimento del corpo è
pura armonia , ma di quelli scalmanati che s'illudono apparire dei novelli
Travolta.
Chissà come, il pensiero del buco le aveva accentuato la percezione
dell'esistenza del suo alluce, lo sentiva intorpidito e l'avrebbe voluto
muovere, ma le scarpe glielo tenevano fermo, lì, bloccato, al massimo riusciva
a roteare il piede sulla caviglia...era così anche lei, sì, intorpidita, con il
desiderio di muoversi, scappare da lì, allontanarsi da quelle parole di cui non
percepiva o non voleva percepire il significato. Lui tacque, guardandola
accigliato. in attesa.
La prese la sensazione di essere stata presa in fallo, come in una
interrogazione a sorpresa, non aveva seguito il discorso, non aveva appigli, e
l'alluce, il buco, tutt'ad un tratto erano scomparsi, c'erano solo le
sopracciglia di lui che fremevano nell'attesa.
- Sei come un fastidioso buco nelle calze. - La guardò sorpreso e perplesso, ma lei non
gli diede il tempo di ribattere...si alzò e se ne andò.
che non ce se ne accorge e si pensa di essere perfette fino a quando qualcuno
ce lo fa notare e allora sembra che tutto il mondo stia lì ad osservarlo, no,
era come quei fastidiosi buchi che abbracciano l'alluce ed ad ogni passo sono
lì che rodono a farci partecipi della loro presenza. Glielo avrebbe anche
voluto dire mentre lo guardava parlare , lì seduti a quel caffè, lui che
parlava, parlava, e lei che faticava a concentrarsi sulle sue parole, fissando
lo sguardo sulle sue labbra ma niente, le parole le sfuggivano via, aveva solo
il pensiero del buco. Era così intento ad ascoltarsi parlare che nemmeno si
accorgeva del suo disagio anche perchè, ogni tanto, quando gli occhi si
incrociavano, lei annuiva con il capo, accennava ad un sorriso, ma era come
quando, adolescente, ascoltava qualche lezione poco interessante, indossava la
maschera dell'apparenza e lasciava vagare i suoi pensieri.
Non che fossero, in quel momento, pensieri creativi o particolarmente
profondi, no, pensava all'alluce, a come s'era aperto la strada nel buco magari
ispirato da un'illusoria libertà, e lo paragonava a lei, costretta come
l'alluce in scarpe troppo strette di cui si era affascinata per l'eleganza e la
sensualità che sembravano proporre e sulle quali ora arrancava a fatica. Era
fastidioso, sì, continuava a ripeterselo, non per convincersi, lo era da tempo.
Si domandava se era l'abitudine, la troppa conoscenza che lo avevano cambiato,
oppure era sempre stato così e la passione l'aveva mascherato di un fascino che
non possedeva. Muoveva le mani lui, nella foga del discorso, e le muoveva
troppo, e anche questo la stava irritando, lo trovava ridicolo come un
ballerino senza musica, non di quelli aggraziati che il movimento del corpo è
pura armonia , ma di quelli scalmanati che s'illudono apparire dei novelli
Travolta.
Chissà come, il pensiero del buco le aveva accentuato la percezione
dell'esistenza del suo alluce, lo sentiva intorpidito e l'avrebbe voluto
muovere, ma le scarpe glielo tenevano fermo, lì, bloccato, al massimo riusciva
a roteare il piede sulla caviglia...era così anche lei, sì, intorpidita, con il
desiderio di muoversi, scappare da lì, allontanarsi da quelle parole di cui non
percepiva o non voleva percepire il significato. Lui tacque, guardandola
accigliato. in attesa.
La prese la sensazione di essere stata presa in fallo, come in una
interrogazione a sorpresa, non aveva seguito il discorso, non aveva appigli, e
l'alluce, il buco, tutt'ad un tratto erano scomparsi, c'erano solo le
sopracciglia di lui che fremevano nell'attesa.
- Sei come un fastidioso buco nelle calze. - La guardò sorpreso e perplesso, ma lei non
gli diede il tempo di ribattere...si alzò e se ne andò.
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