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Che significato avrà il mito nel mito?

Che significato avrà il mito nel mito?
Qui non è solo il tramandare ai posteri una memoria di un dominio che “necessariamente” doveva avere del sacrale, l’origine semidivina di regnanti e fondatori leggendari; non è solo il dare una giustificazione politico-sociale al sorgere di dinastie, quella cretese, la fenicia, la tebana: Europa e Minosse, Fenicio, Cadmo.
Qui, gli Elleni, non solo hanno superato in fantasia, e varietà e quantità, gli Egizi e i popoli dell’Asia minore loro vicini, i Persiani, gli Assiri, i Babilonesi, ma hanno posto le fondamenta, rubando qua e là e mettendoci del proprio, di tutta la cultura dell’Occidente, sia quella filosofica che quella teologica.
Si scopre che non è tanto, infatti, il mito quello terreno: la giustificazione dinastica, ad essere importante in queste leggende, bensì il Mito nel mito.
Con questo intendo significare dell’intima connessione tra la divinità (nel caso specifico Zeus, (dio fra gli dei) e l’umanità. (Europa-figlia di un piccolo re di un ancor più sconosciuto regno situato ai limiti del mondo noto, nell’isola di Sardegna).
Il più potente tra gli dei che si invaghisce, s’innamora, di un fanciulla, delle sue fattezze. Non la sente parlare, non l’ha apprezzata per l’altezza della sua mente o del suo cuore. Si innamora unicamente per la grazia che emana da essa. Per questo, solo per questo parametro ella viene scelta, il dio la considera sua degna compagna; insisterà per averla, e la farà madre. Perché quella grazia ha per lui del divino.
Con ciò darà, a questi suoi eredi terreni, l’imprinting della semidivinità. Viene stabilito un patto che non potrà che essere perenne, perché proveniente dall’immortale, propriamente dalla caratteristica degli dei ad essere l’essenza medesima dell’eternità.
Essa, l’eternità, anche se parzialmente, per merito della grazia di alcuni terreni, viene in tal modo passata, tramandata, alla progenie di questi, creando di tal fatta una novità, tra l'altro preconcettuale. 
Ma non siamo ancora arrivati al tempo, ai secoli di Eraclito, alla filosofia-religione Orfica, a Pitagora e Parmenide, né, tanto meno, al periodo di Socrate e Platone, tempi dove questi fermenti verranno analizzati, approfonditi, elaborati ulteriormente sino ad arrivare alla conoscenza di se stessi,  al discernimento tra il Bene ed il Male, al concepimento dell’Anima così come la conosciamo e sulla quale ancora stiamo discutendo.
Non un’astrazione quindi, ma la conoscenza, il riconoscimento, la consapevolezza del congiungimento tra la materia, (corpo) sia terreno che del cosmo fisicamente inteso, ed uno spirito superiore, trascendente ed immanente nello stesso momento.
Idea senza la quale quanto predicato dal Cristo, innovatore nella tradizione ebraica, mediata dagli innesti mistico filosofici di San Paolo e Sant’Agostino, non avrebbe mai avuto la possibilità di svilupparsi e propagarsi in "Europa".
 
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