Scritto da © Carlo Gabbi - Sab, 01/08/2020 - 05:51
~*~Outback Australia
Le pagine con cui inizio alla mia narrazione odierna le ho tratte dal mio romanzo “An Amazing Story”, quindi come ben ci si aspetta da una storia romanzata, parte del racconto è frutto della fantasia. Posso dirvi però una cosa, riguardo queste poche pagine, cioè che qui veramente è riflessa vera vita vissuta, come pure pensieri, e reali emozioni che furono dettati nel visitare quei luoghi. Naturalmente sta a voi formulare un giudizio in merito di quale sia la vera verità durante la lettura di questa narrazione. E` ben risaputo che ogni autore ha giudizi personali nell’esprimere le cose viste e giorni vissuti.
Ora a voi tutti buona lettura.
Carlo
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Mi sentivo mentalmente affranto, dopo quest’ultima catastrofe che mi aveva colpito. Ero fisicamente provato e questa nuova disillusione mi fece sentire vecchio e stanco. Ero incapace di trovare la forza per reagire a quelle sfortune e riadattarmi alla vita usuale.
Passarono settimane prima che l’innato buon senso prevalse, e compresi l’immensa catastrofica realtà che s’innalzava in fronte a me. Forzai me stesso, nell’analizzare freddamente la situazione e il modo migliore per risolvere gli innumerevoli problemi.
Ero allora cinquantenne, l’età in cui la maggioranza di noi raggiunge il traguardo del successo nella propria vita. Questo avviene per la maggioranza di noi, è l’età nella quale si sono finalmente raggiunte le acque sicure nel porto della vita, quando si può incominciare a pregustare i frutti agognati, le gioie dovuteci nell’ambito famigliare come pure quello del lavoro.
Purtroppo per me non esisteva nulla di tutto ciò ad attendermi. In fronte a me tutto era oscuro, non esisteva la minima luce di speranza. Una volta ancora, nel mio continuo peregrinare della mia vita, avevo perso quanto possedevo, assieme a mia moglie. Mi sentivo completamente distrutto, ma ancora più lo ero nello spirito più che sul lato materiale. Capii qual era l’inumana lotta per riacquistare quanto era svanito.
Mi sentivo come fossi precipitato entro un pozzo profondo, viscido, buio e inospitale. Sentii che da lì mai avrei trovato il modo di risalire da quel baratro alla superfice dove esisteva il sole di una nuova vita. Vagheggiavo nel buio, cercando di fuggire, ma le tenebre erano dense, e in quel cercare, al tatto delle mani trovavo unicamente pareti levigate, senza alcun appiglio e sdrucciolevoli a causa dell’umidità. Capii che senza un aiuto esterno mai sarei risalito, e ritrovare la persa pace d’animo, la libertà agognata, quella spirituale.
Capii pure che la necessaria solidarietà umana attorno a me non esisteva, non vi era nessuno con la mano stesa, dandomi aiuto nel ritrovare una nuova vita tra il resto dell’umanità.
Come sempre avviene nella vita, nell’ora in cui ci troviamo in momenti cruciali, non esiste il buon Samaritano che sia amico e dica una parola di conforto, pronto a stendere la mano nell’aiuto desiderato.
Piansi su me stesso. Erano lacrime amare che discendevano roventi sopra le mie guance, mentre in me esisteva un’amarezza che mi chiudeva la gola. Nulla era rimasto della mia vita passata capace di lenire il tormento, e sentivo la mancanza attorno a me di tutte quelle piccole gioie di cui si ha bisogno giornalmente e che sono offerte liberalmente all’umanità. Ero solo, soffocavo, mi mancava il necessario ossigeno rigeneratore. La mia anima era ora muta, e i sogni del domani erano ora morti. Esisteva unicamente il dolore dei ricordi, sicché piangevo su me stesso. Mille condizioni avverse gravavano sopra di me, pesanti come macigni enormi, seppellendomi, e ancor più soffrivo per la mancanza di simpatia umana.
~*~
Fu in quella disperazione che la necessità di sopravvivere si fece strada e mi indicò la via da percorrere per poter vincere la mia lotta contro le avversità che erano lungo il mio sentiero. La speranza del rivivere mi si rivelò come un venticello leggero, che ben presto crebbe, sospingendomi, infondendomi coraggio, e mi rese nuovamente combattivo. Lo ascoltai e così rotolai le maniche della mia giubba di guerriero, e iniziai la lotta con foga e coraggio. Quella era una lotta disperata, era la lotta della sopravvivenza.
~*~
Decisi di fare quanto più avevo desiderato di fare nel passato, quando ero ancora giovane, e non avevo alcun obbligo verso una moglie, figli, o impegni di lavoro.
Era vero, che si erano ora addensati sopra di me un infinito numero di problemi, come non mai prima nella mia vita. Ma allo stesso tempo mi sentivo libero di decidere il mio domani, annullando gli obblighi che mi obbligavano a percorrere una via diversa. Ero solo, così fui tentato di dare ascolto alle mie passioni. Era l’opportunità da sempre agognata. Sorrisi a me stesso a questo pensiero, e andai a rispolverare quei sogni giovanili che ora erano ricoperti da una coltre di polvere, sepolte nel cassetto delle speranze perdute nella gioventù. Riapparvero in me i sogni passati, li accarezzai, li ridimensionai per il nuovo tempo, sentendomi rinascere, forte e combattivo e pieno di fiducia per un futuro migliore che avesse aperto nuovi orizzonti di vita a cose migliori.
Come non mai mi sentivo attratto dal desiderio di vagabondare all’intorno nella ricerca di quei sogni, in una terra che dopo lunghi anni, trascorsi tra uffici e lavori, conoscevo ben poco ma che mi aveva sempre attratto. Vi era un solo punto, che a me poco importava, anzi mi dava piacere, il sapere che la mia esistenza futura sarebbe stata per un lungo tempo piena di solitudine. Ma sapevo che la solitudine mi è sempre stata compagna e mai mi aveva spaventato, tanto meno ora. Mi ero incallito durante i lunghi anni di lontananza, vissuti duramente, provati in luoghi e climi impossibili, e capii bene che quella era la vita da me desiderata.
~*~
Decisi così di abbandonare per un tempo relativamente lungo la giungla di asfalto in cui vivevo e andare in un luogo nel quale poter ricucire assieme quel mio io che si trovava a brandelli. Decisi di andare alla ventura e sbizzarrirmi in quelle terre, “The Never, Never Land” quei luoghi rimasti immutati sin dal giorno in cui “Il Creatore” con il suo soffio creò l’umanità. Avevo scelto di vagabondare nel nord di questo immenso territorio Australiano, e di provare che ancora non ero il fallito, il relitto umano, e di dar tempo al tempo per ritornare a essere “ME STESSO”
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