Scritto da © Bruno Magnolfi - Lun, 11/03/2019 - 21:29
Ho bisogno di parlare. Di spiegare a qualcuno il mio stato d'animo. Più mi guardo intorno e più mi rendo conto invece di essere da solo, e di non avere la possibilità di fidarmi di nessuno. Sono caduto in una situazione pazzesca, in cui svolgo un mestiere così pericoloso da non poterne parlare con anima viva, e tale da farmi allontanare da tutti coloro che sono miei conoscenti.
Persino il mio appartamento è diventato un luogo poco sicuro, tanto che continuo a pensare di cambiare velocemente abitazione, anche se non sono poi così convinto che una mossa del genere possa servire davvero a qualcosa. Le mie azioni sono tutte sicuramente controllate, e in una fase come questa se sbagliassi qualcosa la pagherei duramente.
Per assurdo il posto dove mi sento maggiormente a mio agio è proprio sul lavoro. Sto fermo nel parcheggio dello stadio e segnalo per messaggio sul cellulare tutte le macchine che si fermano da quelle parti, compreso il furgone dell'emittente televisiva parcheggiato oramai da settimane a fianco delle tribune e in modo da non procurare fastidi.
Per tutto il tempo che io resto in quei paraggi a svolgere la mia attività, reputo che niente mi possa accadere. Non mi lascio andare a sonnecchiare neppure per un minuto durante tutta la notte, e continuo ad inviare le segnalazioni che servono, ogni volta che ce n'è la necessità, mandando avanti il mio lavoro con scrupolo, senza lasciare mai niente al caso.
Poi, quando torno nel mio appartamento, praticamente dopo l'alba, le cose si fanno subito diverse. Potrei essere avvicinato da qualcuno di un'organizzazione ostile a quella da cui sono pagato, potrei senza volerlo aver pestato i piedi a qualche persona che conta, potrebbe anche darsi il caso che io da un attimo all’altro non serva più ai miei capi, e che comunque oramai io sappia troppe cose per lasciarmi libero di andare dove voglio. Se mi metto a pensarci, le mie preoccupazioni aumentano, piuttosto che lasciarmi più tranquillo.
Perciò cerco di svagarmi, di liberare la mente da tutto ciò che in questo momento la opprime, ed il luogo migliore, dove mi sento più a mio agio, è dentro ai centri commerciali, dove ci sono talmente tante persone in una volta sola, da farmi credere facilmente di essere una di loro, e di potermi perdere in mezzo a tutti dimenticando persino chi sono. Così vago senza meta in mezzo alla gente ed in mezzo a tutte le vetrine illuminate, senza peraltro che abbia nessun acquisto da fare, e mi dimentico momentaneamente dei miei irresolubili problemi.
Quando rientro a casa, apro il portone condominiale con grande attenzione, poi controllo fermandomi ad ascoltare eventuali rumori lungo le scale del mio palazzo, ed infine, prima di entrare nel mio piccolo appartamento, attendo un attimo fuori, una volta aperto il portoncino, in modo da non chiudermi dietro l’unica via di fuga. La signora del piano superiore mi ha visto l’altro giorno mentre facevo queste manovre, e si è soffermata a guardarmi, incuriosita dal mio comportamento. Potrebbe essere lei una di quelle persone pronte a tradirmi, ho pensato, magari proprio stamani o più tardi; una di quelle che per qualche biglietto di banca è disposta a spifferare delle informazioni su tutti i miei comportamenti, senza neanche provare in seguito alcun rammarico: come una cosa normale, una cosa qualunque che si fa quasi senza pensare, di quelle che si compiono sostanzialmente ad occhi chiusi, e praticamente ogni giorno.
Bruno Magnolfi
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