Scritto da © Bruno Magnolfi - Lun, 20/09/2021 - 18:12
In origine c’è il suono, semplice, diretto, lineare. I ragazzi sanno benissimo che la loro maniera di fare musica in quartetto, con quel progetto composto da un percorso sonoro di frasi contrappuntistiche che in seguito vengono ripetute e poi variate fino a giungere a dei momenti di vera improvvisazione, rende spesso complicata la loro attività, e difficile l'apprezzamento da parte degli eventuali ascoltatori, anche se ciò non significa affatto che non siano soddisfatti di ciò che solitamente riescono a mettere assieme. Il sassofono e la tromba si ritrovano costantemente come alla ricerca della nota migliore da eseguire, quella che spicca sopra a tutto il resto nel variegato tessuto di suoni, ed il basso assieme alla batteria si incarica di marcare il complesso e ricco tessuto delle battute, per costituire nella loro comune progressione un vero collante ritmico e armonico. Per Franca non è per niente assurdo quello che in questo momento sta ascoltando delle registrazioni che loro le hanno fatto avere. Le sembra interessante muoversi in un ambito dove certe difficoltà strutturali appaiono di colpo dissipate nella leggerezza dei suoni che con semplicità vanno ad intersecarsi tra di loro. Deve esercitarsi a fondo, questo è evidente, però non crede di mostrarsi del tutto incapace di suonare il pianoforte insieme agli altri, pur alla sua maniera, nonostante sia praticamente all’oscuro del jazz contemporaneo, e soprattutto del far musica insieme ad una vera e propria formazione come quella di cui è chiamata a prendere parte. Così si ritrova tentennando davanti alla tastiera, e a mettere giù un accordo di tredicesima incompleto con la sua mano sinistra, mentre con le dita della destra prova a spostare gli accenti, cercando una frase melodica che appaia almeno interessante e riconoscibile. Non si sente ancora pronta, certo; ma tra breve lo sarà.
Intanto ha iniziato a studiare qualcosa sulla genesi di quel genere di musica, ed ha scoperto che la distanza attuale tra il jazz di quel tipo e la musica colta contemporanea per certi versi non è quasi apprezzabile. E poi ritiene che proprio la sua formazione completata sulle partiture dove tutto è già stato previsto, le abbiano causato un estremo bisogno di libertà d'espressione sul proprio strumento, una voglia profonda di sentirsi creativa, leggera, al di fuori da quella pesantezza che ha riscontrato spesso nella classica musica tonale. Non è facile parlare in questi termini con chi si ritiene purista di certe scelte, come ad esempio il maestro Bottai, ma ciò non significa che molte delle cose che è possibile intraprendere siano obbligatoriamente prive di una corretta progressione, e poco per volta non incanalino le idee verso certe strade che forse è giusto tentare di percorrere, pur nella loro incerta direzione. I ragazzi generalmente provano in una sala insonorizzata cittadina nel tardo pomeriggio di alcuni giorni dispari, e per Franca non sarebbe difficile raggiungerli, pur dovendo portare con sé la sua agognata tastiera elettronica che improvvisamente sembra esattamente ciò che di più utile abbia mai posseduto. Ma vuole essere pronta, preparata a non sfigurare, capace di apportare un valido contributo ai loro brani e alle loro tessiture musicali.
Vede Lorenzo davanti al liceo, pochi minuti prima di entrare, e in mezzo al capannello di ragazzi lui si accosta leggermente alla figura sottile e solitaria di Franca per conoscere quali mai possano essere le decisioni che ha preso. Lei però non dice niente, getta uno sguardo attorno, lo saluta timidamente, con i suoi soliti modi; infine lui non resiste, e le pone una domanda il più possibile diretta: <<forse>>, risponde lei con calma mentre guarda altrove, non certo per indifferenza. Lorenzo prova quasi un sottile ed immediato senso di delusione, anche se non saprebbe spiegare esattamente che cosa si aspettasse più di questo, se non un leggero moto di entusiasmo che Franca non è il tipo di persona capace di esternare facilmente. Forse tutto si presenta comunque su due piani davvero molto differenti: per lui la musica da suonare incarna la comunicazione stessa, l’essenza di ciò che Lorenzo da sempre desidera allargare verso gli altri; per lei invece probabilmente è soltanto un accessorio, la variante casuale di un percorso che improvvisamente sembra quasi perdere l’attrazione principale, il suo punto focale, anche se questo accade soltanto per lasciar spazio a stilemi più espressivi. L’emancipazione sonora per Franca è qualcosa che appare ancora un elemento troppo indeterminato per poter dichiararsi davvero attratta da quel mondo. In ogni caso, sottovoce, aggiunge poi, subito dopo, quasi come concessione: <<ci sto provando>>, e questo forse è già più di quanto Lorenzo dovrebbe attendersi da lei.
Bruno Magnolfi
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