Scritto da © Bruno Amore - Lun, 08/10/2012 - 08:52
La Signora Caterina è morta? Quando? Così improvvisamente...? Era forse stata male, di recente?
Chiedeva alla portiera, mentre a stento tratteneva Buck, il labrador nero, che tirava il guinzaglio per trascinarlo verso i giardinetti. Poi, quando erano lì, lo scioglieva e il cane si sbizzarriva, mentre lui leggeva il giornale.
Piantala, Buck! Stop! Gli intima, strattonandolo mai violentemente. Era un compagno per lui, così solo, sempre.
Dice il dottore che è stato un infarto. Non saprei, Signor Mario. Era tutto regolare, almeno pareva, tranne che gli era morto quel coniglietto nero, sa...? Quello che teneva sul terrazzo attiguo al suo. Le faceva tanta compagnia, lei così sola, sempre. Lo so...lo so, Signor Mario, Buck ci andava pazzo. Gli faceva sempre la posta e lei era terrorizzata che in qualche modo lo potesse raggiungere, anche se aveva messo quella rete fitta alla ringhiera.
E...balbettò Mario...quando sarebbe morto il coniglio?
Tre giorni fa, mercoledì mattina l'ha trovato morto. Sa, ha voluto che l'aiutassi a seppellirlo, laggiù in fondo ai giardini, dove c'è quel mucchio di detriti vegetali e terra smossa. Dove i giardinieri fanno il compost. Giovedì quando s'è sentita male, ha chiamato dei parenti che l'hanno ricoverata. Stanotte è morta, poverina.
Mercoledì sera, rientrando dalla passeggiata serale ai giardini, Mario registrò la divertente consueta euforia di Buck. Aveva scavato le solite buche, ringhiava giocosamente e stringeva in bocca qualcosa, che lasciava e riafferrava, come si trattasse di una preda. Lo faceva con le cose più strane. Mimava la caccia, come fanno i cani, così non ci fece caso più di tanto. Appena in casa, gli avrebbe tolto quella cosa, buttandola nella spazzatura, come al solito. Il cane, appena aperta la porta entrò e corse difilato sul terrazzino, dove prese ad abbaiare e ringhiare, come da copione. Dopo qualche minuto perso nelle incombenze personali, Mario lo chiamò per effettuare l'operazione pulizia. Buck gli corse incontro scodinzolando felice, con in bocca quello che riconobbe subito, con sgomento, essere il coniglietto della Signora Caterina. Pensò che il cane, precipitatosi sul terrazzino come faceva sempre, a puntare e ad abbaiare alla rete oltre la quale era il coniglio, lo avesse trovato al di qua, per qualche ragione accidentale e d'un colpo azzannato e ucciso.
Raccapricciato, immaginando il dolore della povera Signora Caterina, cercò disperatamente una via d'uscita dignitosa per sé e non traumatica per la vicina. Sporgendosi sul terrazzino verificò che nessuno fosse in casa. Tutto buio. Una fortuna, si disse.
Prese il povero esserino dalla bocca di Buck, che fece anche qualche resistenza, l'asciugò della saliva e lo spazzolò del terriccio: il terrazzo era un piccolo habitat campestre realizzato sul pavimento, quindi era un particolare spiegabile. Acrobaticamente, non senza rischio, alla sola luce che veniva dalla strada, scavalcò la ringhiera che separava le proprietà e andò a sistemare il coniglio, in posa realistica, tra le verzure tra le quali l'aveva visto vivere e scorrazzare.
Sperò che trovandolo, il giorno dopo, la Signora Caterina pensasse ad una morte naturale. Forse il coniglio non era giovanissimo e poi, succede alle volte, questi animaletti addomesticati non hanno vita lunga, pensò.
Ora Mario era frastornato e pativa un doloroso senso di colpa . Disse soltanto, povera donna, e avviandosi nell'androne...
Vieni Buck, mica è colpa tua.
Chiedeva alla portiera, mentre a stento tratteneva Buck, il labrador nero, che tirava il guinzaglio per trascinarlo verso i giardinetti. Poi, quando erano lì, lo scioglieva e il cane si sbizzarriva, mentre lui leggeva il giornale.
Piantala, Buck! Stop! Gli intima, strattonandolo mai violentemente. Era un compagno per lui, così solo, sempre.
Dice il dottore che è stato un infarto. Non saprei, Signor Mario. Era tutto regolare, almeno pareva, tranne che gli era morto quel coniglietto nero, sa...? Quello che teneva sul terrazzo attiguo al suo. Le faceva tanta compagnia, lei così sola, sempre. Lo so...lo so, Signor Mario, Buck ci andava pazzo. Gli faceva sempre la posta e lei era terrorizzata che in qualche modo lo potesse raggiungere, anche se aveva messo quella rete fitta alla ringhiera.
E...balbettò Mario...quando sarebbe morto il coniglio?
Tre giorni fa, mercoledì mattina l'ha trovato morto. Sa, ha voluto che l'aiutassi a seppellirlo, laggiù in fondo ai giardini, dove c'è quel mucchio di detriti vegetali e terra smossa. Dove i giardinieri fanno il compost. Giovedì quando s'è sentita male, ha chiamato dei parenti che l'hanno ricoverata. Stanotte è morta, poverina.
Mercoledì sera, rientrando dalla passeggiata serale ai giardini, Mario registrò la divertente consueta euforia di Buck. Aveva scavato le solite buche, ringhiava giocosamente e stringeva in bocca qualcosa, che lasciava e riafferrava, come si trattasse di una preda. Lo faceva con le cose più strane. Mimava la caccia, come fanno i cani, così non ci fece caso più di tanto. Appena in casa, gli avrebbe tolto quella cosa, buttandola nella spazzatura, come al solito. Il cane, appena aperta la porta entrò e corse difilato sul terrazzino, dove prese ad abbaiare e ringhiare, come da copione. Dopo qualche minuto perso nelle incombenze personali, Mario lo chiamò per effettuare l'operazione pulizia. Buck gli corse incontro scodinzolando felice, con in bocca quello che riconobbe subito, con sgomento, essere il coniglietto della Signora Caterina. Pensò che il cane, precipitatosi sul terrazzino come faceva sempre, a puntare e ad abbaiare alla rete oltre la quale era il coniglio, lo avesse trovato al di qua, per qualche ragione accidentale e d'un colpo azzannato e ucciso.
Raccapricciato, immaginando il dolore della povera Signora Caterina, cercò disperatamente una via d'uscita dignitosa per sé e non traumatica per la vicina. Sporgendosi sul terrazzino verificò che nessuno fosse in casa. Tutto buio. Una fortuna, si disse.
Prese il povero esserino dalla bocca di Buck, che fece anche qualche resistenza, l'asciugò della saliva e lo spazzolò del terriccio: il terrazzo era un piccolo habitat campestre realizzato sul pavimento, quindi era un particolare spiegabile. Acrobaticamente, non senza rischio, alla sola luce che veniva dalla strada, scavalcò la ringhiera che separava le proprietà e andò a sistemare il coniglio, in posa realistica, tra le verzure tra le quali l'aveva visto vivere e scorrazzare.
Sperò che trovandolo, il giorno dopo, la Signora Caterina pensasse ad una morte naturale. Forse il coniglio non era giovanissimo e poi, succede alle volte, questi animaletti addomesticati non hanno vita lunga, pensò.
Ora Mario era frastornato e pativa un doloroso senso di colpa . Disse soltanto, povera donna, e avviandosi nell'androne...
Vieni Buck, mica è colpa tua.
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