La caccia | Prosa e racconti | Bruno Amore | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • Gloria Fiorani
  • Antonio Spagnuolo
  • Gianluca Ceccato
  • Mariagrazia
  • Domenico Puleo

La caccia


                                                              Prima parte.
 
       Un hom, esemplare adulto e possente,  procedeva di ombra in ombra tra gli anfratti rocciosi sperando di sorprendere qualche preda e benché solo, non aveva timore alcuno. Calava rapidamente l'oscurità e a stomaco vuoto, cercò e trovò un profondo stretto crepaccio per nascondersi e riposare. In attesa della notte fonda, forse più propizia anche se più rischiosa per predare evitando di essere lui stesso predato. Si acquattò stringendosi attorno al corpo il rozzo indumento che di solito portava a tracolla: di notte la temperatura scendeva vertiginosamente. Sognò di uccidere un gracidante, molto combattivo, di serpeggianti nemmeno una traccia.
       La  coltre di pesanti vapori intrise di pulviscolo che impediva di arrostire ai raggi stellari e manteneva la temperatura accettabile, si andava assottigliando perché precipitava negli immensi crateri prodotti dalle escavazioni minerarie e la vita sui pianori era divenuta difficile penosa, persino per quelli che potevano indossare tute protettive. L'estrazione dei minerali lasciava voragini enormi profonde ed estese, una rete infinita di canyon più grandi di quelli geologicamente formatisi, in milioni di balumar, per erosione o attività vulcaniche. La vita animale si trasferiva sempre più verso il sorgente dove non si praticavano escavazioni, dove le astronavi non squassavano il cielo, dove non incombevano coloni. Le forme di vita  praticamente decimate per la fobia della diversità di specie. Restava qualche specie minore e, dei tanti che ce n'erano, qualche allogeno hom: un animale superiore, predatore che era costretto a cacciare per diversi lumi, spesso senza esito e distante dal suo areale e dalla sua orda.
       Un rumore potente destò l'hom. Fuori del crepaccio, fasci di luce gialla falciavano l'oscurità per una distanza notevole e un crepitio di raggi invisibili perlustravano tutto intorno la sagoma enorme, scura, meccanica, ruotata e cingolata che scavalcava, triturava faceva schizzare lontano le pietre che incontrava nel procedere. Il ricognitore perlustrava abitualmente i dintorni della fattoria ed era potenzialmente pericoloso per un hom, l'avrebbe ucciso. Era desto ma le membra  intirizzite dal freddo tardarono qualche attimo a sciogliersi. Ebbe un soprassalto, ma subito pensò alla caccia.
        Questi alieni colonizzatori, potevano essere facili prede se fuori dai loro mezzi meccanici e senza i loro attrezzi di morte. A debita distanza, tanto da non perderlo di vista, di riparo in riparo, prese a seguire il carro che caracollando tra le asperità del terreno, dirigeva verso un avvallamento tra piante di spine dove il giorno aveva visto una pozza di frodis. Quel liquido venefico per gli hom, che i  colonizzatori bevevano, anzi ne erano ghiotti, tanto da procurarsene ad ogni occasione, fuori dalle loro fattorie minerarie. Come aveva stimato, il carro si fermò alla pozza, dal suo riparo cercò di immaginare le scene successive e prese ad ansimare per l'eccitazione.
         Sperava uscissero tutti così nessuno poteva costituire un pericolo imprevisto e sferrare un rapido attacco era possibile, quindi prese a strisciare per avvicinarsi al carro che stava spegnendo i motori. Col risucchio d'aria si aprì un portellone e la luce azzurrina dell'interno schizzo fuori a stampare sul terreno la forma ovale del vano. Un colono uscì all'aperto, in tuta di tessuto metallico lucente leggera e reggendo con un arto parzialmente meccanico un contenitore capiente, si diresse verso la pozza. Si inginocchiò con un certo disagio, affondò il recipiente nel liquido e mentre si rialzava il compagno usciva a sua volta dal veicolo, avviandosi a passi svelti verso la pozza. Il primo stava riconquistando la porta del carro quasi correndo, quando con uno scatto l'hom dal suo riparo lo raggiunse. Lo investì violentemente mandandolo ad urtare contro lo stipite producendo un rumore sordo di fratture. La sua massa corporea aveva funzionato come un ariete e l'essere in corazza, si accasciò subito a terra, inanimato. Veloce come era già stato, si precipitò verso il secondo che risaliva dalla pozza, concitatamente ma non efficacemente. Lo investì facendolo rotolare, gli fu sopra e afferrando il casco trasparente, lo ruotò così violentemente da schiantare ogni resistenza del malcapitato che l'indossava. Col grosso artiglio curvo tagliente posticcio, applicato al dito contrapposto dell'arto destro, squarciò la cotta in corrispondenza del collo, l'affondò nella carne finendolo. Spogliò entrambi i corpi per appropriarsi degli indumenti, uno lo eviscerò per  alleggerirlo, si caricò gli indumenti e la carcassa sulle spalle e si allontanò nel buio.
          Un congegno automatico a tempo, tarato sulla presenza del pilota a bordo del veicolo, mandò poi in onda il segnale di allarme.
 
 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 3 utenti e 8914 visitatori collegati.

Utenti on-line

  • ferry
  • Antonio.T.
  • Ardoval