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Il gallo della Checca - 25 novembre

Pare sicuro di sé, inarca collo e testa
sbandiera bargigli e dal becco puntuto
tagliente come sono i suoi speroni
canta di potenza la sua poligamia
che non gli appartiene mai la melodia.
È nei suoi geni esser risoluto
che altri suoi rivali nei paraggi
non insidino l'harem suo beccuto.
Non le ama, non può, eppur lo fanno
che sottomesse stiano anche in futuro
per assicurargli discendenza senza danno.
Tanto mi pare il mio fratello insano
pure su due gambe sempre s'ingegna
d'apparir forte, sicuro, indefesso
gonfia il petto per sembrar potente
circonda la sua lei di cose belle, ma di rado
ne apprezza il genio o l'acume tra la gente.
Ché ha da essere già tanto appagata
lui le fa grazia di portarla al braccio
davanti a tutti, perfino in processione
mentre, vanesio, strizza l'occhio a un'altra.
Lei  più non s'indigna, è tanto che sopporta
oltre a tante altre, questa umiliazione
grida si lamenta, lo minaccia
ma non c'è verso, è la disperazione
né l'affetto della prole è un'evasione.
Sentirsi schiava è pura aberrazione
così fugge, cullando in cuore l'illusione che
sia un respiro di vita vera, quella ribellione.
Lui la riagguanta, non sia mai si sappia
ch'ella può far da sé, senza la guardia
se vuol la libertà sarà tragedia
senza capire che quella soppressione
farà di lui un reietto e di qualsiasi amore
un accattone.

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