Scritto da © blinkeye62 - Mer, 16/01/2019 - 17:27
Ciò che ho tolto senza illusione non mi palpiterà dentro il cuore, sempre pronto a pulsare sinceramente per un sospiro, un occhio triste, un raggio di sorriso e ciò che non trafigge. Ho palesato un mio stato d'animo e con esso mi sono fatto avanti verso le altissime scogliere degli stereotipi cercando con cura e accortezza un sostegno rigato di perle gonfie di sangue. Perché non si è mai aperti agli altri? Sto scivolando e lentamente il muro che c'è in me, mattone dopo mattone, s'erge conquistando terreno e linfa vitale...Nessuno sa e mai saprà ciò che la mia desolata inquietudine sente. E' come un cancro che avanza e già si esibisce nel suo abito più smagliante. E gli altri...quali altri? Vorrei tanto volare, schiattare, vomitare, algoritmicizzare le volute di un futuro segnato. Ho terrore di ciò che non sarò...Non sarò certo un aviatore, non costruirò sicuro un cielo per bimbi senza peccato, non favellerò certamente un rigagnolo di putrida illusione, con cui nutrirmi godendo di un gesto o un sorriso. Pazienterò con in mano un sogno: camminare senza violenza trascinata. Più parole, più sensazioni, più giochi di scena, più sostegno a chi non comprende, più squallide leccate d'umanità ai delfini saltanti, più nulla di nulla...Solo fiele genuflesso per la posizione frontale...Grandi nembi all'orizzonte. Ho freddo, nessuna coltre stellata potrà riscaldarmi
da questo sentore di morte che avvolge gli enigmi del mio sentire. Credo che il mio tempo sia giunto, Presto toglierò il disturbo e senza gioia sarò obliato. Diranno, Dove? Cosa fa? Che dice? Cosa sogna? Come vive? Bah...Il buio, la cecità, il mio scheletro vagherà, scarnificato, in terreni irti di patimenti e frasi non dichiarate...Il naso a palla, tuttavia, mi porta sul tuo seno vacillante, non so perché percepisco questo fremito e, sinceranente, poco m'importa...Sono fermo, trasalisco ogni volta che ti vedo volteggiare nel sogno di una realtà così bislunga...Il sole mi brucia con lamine ambrate di parole, ormai è troppo tardi per recuperare l'incertezza di una vita trafugata tra sorrrisi di caramelle e lacci di scarpe sempre sciolti...E mia madre che diceva sempre: "Dove vai? Sii educato e gentile...". Con quelle raccomandazioni mi gettavo a palla verso la ferrovia e i giochi di quei giorni...Non ho più respiro per dare aria al cervello, forse non sono più il pagliaccio di una volta...O ancora le mani sono segate dalla
cancrena che ho raccolto mentre ti baciavo dietro il banco polveroso di un'aula di scuola. Che ricordo. Che bello sentire il gusto dell'effusioni primordiali sull'orlo del risate spensierate...Tu, mi hai portato dentro e le scarpe grosse ti hanno seguito come segugio. E, sognando tridimensionalmente, sgorgo dietro un motivo laido quanto una carezza di compatimento il mio afflato di bimbo spensierato, che spinge ancora per eruttare vigoroso quanto il tocco di farfalla su grappoli di dita vogliose. Non avevo mai visto un arcobaleno essere centrato da una rondine in quel modo, come un lampione che s'accende in pieno giorno, inutilmente, e ti ho rincorso lungo le parallele di prati verdi, ti ho risucchiato nel tepore del mio sentire con gli occhi, perché altro non mi è possibile...
da questo sentore di morte che avvolge gli enigmi del mio sentire. Credo che il mio tempo sia giunto, Presto toglierò il disturbo e senza gioia sarò obliato. Diranno, Dove? Cosa fa? Che dice? Cosa sogna? Come vive? Bah...Il buio, la cecità, il mio scheletro vagherà, scarnificato, in terreni irti di patimenti e frasi non dichiarate...Il naso a palla, tuttavia, mi porta sul tuo seno vacillante, non so perché percepisco questo fremito e, sinceranente, poco m'importa...Sono fermo, trasalisco ogni volta che ti vedo volteggiare nel sogno di una realtà così bislunga...Il sole mi brucia con lamine ambrate di parole, ormai è troppo tardi per recuperare l'incertezza di una vita trafugata tra sorrrisi di caramelle e lacci di scarpe sempre sciolti...E mia madre che diceva sempre: "Dove vai? Sii educato e gentile...". Con quelle raccomandazioni mi gettavo a palla verso la ferrovia e i giochi di quei giorni...Non ho più respiro per dare aria al cervello, forse non sono più il pagliaccio di una volta...O ancora le mani sono segate dalla
cancrena che ho raccolto mentre ti baciavo dietro il banco polveroso di un'aula di scuola. Che ricordo. Che bello sentire il gusto dell'effusioni primordiali sull'orlo del risate spensierate...Tu, mi hai portato dentro e le scarpe grosse ti hanno seguito come segugio. E, sognando tridimensionalmente, sgorgo dietro un motivo laido quanto una carezza di compatimento il mio afflato di bimbo spensierato, che spinge ancora per eruttare vigoroso quanto il tocco di farfalla su grappoli di dita vogliose. Non avevo mai visto un arcobaleno essere centrato da una rondine in quel modo, come un lampione che s'accende in pieno giorno, inutilmente, e ti ho rincorso lungo le parallele di prati verdi, ti ho risucchiato nel tepore del mio sentire con gli occhi, perché altro non mi è possibile...
Ciao a tutti, poeti infranti da livore di parole senza senso...
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