Scritto da © Aurora - Mer, 03/06/2015 - 14:21
Ai piè del campo, piccolina, sedevo all’ombra di un albero e guardavo, guardavo e non capivo.
Non capivo perché, uomini e donne, gli uomini con grandi cappelli di paglia, le donne coperte da grandi fazzoletti colorati, curvi tenevano con una mano una manciata di piante di grano e con l’altra le sgozzavano.
Non riuscivo a capire perché distruggevano quel bel campo dorato macchiato di rosso.
Perché sudavano, perché faticavano tanto, quando potevano sedersi sotto un albero come me e ammirare l’oro che lentamente e dolcemente ondeggiava nella calura.
Ero piccola e non sapevo il calore della vita, amavo la natura come si presentava, giocavo nelle fresche acque dei fossi ed intrecciavo coroncine di margherite.
Ricordo pure una grande festa nell’aia, uno scorazzare di galline impaurite. L’abbaiare stanco di un vecchio cane, uomini e donne accaldati ma sorridenti nella confusione più completa.
Un grosso carro, simile ad un vagone, sbuffava come una ciminiera, mangiava l’oro dei campi, lo masticava e lo sputava tutto impacchettato. Un po’ lontani i buoi che lo avevano trainato, muovevano la bocca annoiati del presente. L’ultima balla dell’oro viene lanciata a terra e come un segnale tutti si mettono a ballare e cantare al suono di un’armonica a bocca.
C’è allegria nell’aria. Polvere d’oro copre i capelli delle donne. Gli uomini si inchinano e sempre danzando le fanno volare.
E’ scesa la sera. Sono tutti stanchi ormai, stanchi ma felici. Un bicchiere e più di vino, pane e formaggio, una sigaretta fatta a mano.
Un brindisi alla stagione finita, un augurio di prosperità per la prossima.
Lentamente l’aia sfolla, i sorrisi si attenuano, i mormorii e le risate si disperdono nel buio.
Buonanotte a tutti. Domani è un altro giorno.
Non capivo perché, uomini e donne, gli uomini con grandi cappelli di paglia, le donne coperte da grandi fazzoletti colorati, curvi tenevano con una mano una manciata di piante di grano e con l’altra le sgozzavano.
Non riuscivo a capire perché distruggevano quel bel campo dorato macchiato di rosso.
Perché sudavano, perché faticavano tanto, quando potevano sedersi sotto un albero come me e ammirare l’oro che lentamente e dolcemente ondeggiava nella calura.
Ero piccola e non sapevo il calore della vita, amavo la natura come si presentava, giocavo nelle fresche acque dei fossi ed intrecciavo coroncine di margherite.
Ricordo pure una grande festa nell’aia, uno scorazzare di galline impaurite. L’abbaiare stanco di un vecchio cane, uomini e donne accaldati ma sorridenti nella confusione più completa.
Un grosso carro, simile ad un vagone, sbuffava come una ciminiera, mangiava l’oro dei campi, lo masticava e lo sputava tutto impacchettato. Un po’ lontani i buoi che lo avevano trainato, muovevano la bocca annoiati del presente. L’ultima balla dell’oro viene lanciata a terra e come un segnale tutti si mettono a ballare e cantare al suono di un’armonica a bocca.
C’è allegria nell’aria. Polvere d’oro copre i capelli delle donne. Gli uomini si inchinano e sempre danzando le fanno volare.
E’ scesa la sera. Sono tutti stanchi ormai, stanchi ma felici. Un bicchiere e più di vino, pane e formaggio, una sigaretta fatta a mano.
Un brindisi alla stagione finita, un augurio di prosperità per la prossima.
Lentamente l’aia sfolla, i sorrisi si attenuano, i mormorii e le risate si disperdono nel buio.
Buonanotte a tutti. Domani è un altro giorno.
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