Scritto da © poetella - Sab, 30/10/2010 - 21:23
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(foto sempre di poetella)
Attorno quegli alberi. Platani, pini. Oleandri.
Attorte le foglie dell’edera, ridevano.
La fioritura piena,
generosa del gelsomino. E quei canti.
Quanto tempo è passato?
E dove portava il sentiero, nel parco? Non so.
Panchine. Vuote. E noi.
Ti s’aggruppava la luce negli occhi.
Onde azzurre di luce.
Che non guardavo. Paura di perdermi.
E già…
Ci si svelava camminando a passi lenti.
Ancora lontano il tramonto di Maggio.
Vapore/tepore nell’aria. Canti. Quei canti!
La città sparita, ingoiata, stregata.
Addormentata. Drogata.
Dimenticata, coi suoi danni.
Solo gli alberi sapevano i nomi.
E le pietre antiche.
E noi. Noi nuovi. In attesa d’un battesimo di labbra.
Immersione. Germogli pronti a fiorire.
Sente dolore una gemma quando s’apre?
Mi faceva male il cuore. Il cuore non fa male, dice.
Sarà un dolore intercostale.
Sarà un.
Sarà.
È stato.
Ho voglia di baciarti, ho detto.
Non c’era una cascata, vicina. (a Roma no.)
Eppure.
Ecco. Hai detto tu, dopo.
A un millimetro dai miei occhi. Socchiusi.
Quei baci. Congiunzione. Patto.
Se c’è dolore a fiorire, dolore sia.
Non ho paura. Mai.
…
…
…
(by poetella)
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