Solo ciò che hai amato per davvero non ti sarà strappato ciò che hai amato per intero è la tua vera eredità
Esdra Pound
Una delle maggiori virtù dell’arte è la capacità di narrare la vita. Sentiamo spesso dire “ l’Arte è ciò che siamo”, ma se l’arte riflette e documenta la vita, dobbiamo ammettere che anche la morte è parte del suo
contenuto.
Fino al quindicesimo secolo l’arte aveva familiarità con la morte ma progressivamente e di pari passo con l'attitudine culturale generale, è stata ignorata, isolata e relegata a spazi ghettizzati.
Spesso nella storia dell’arte questa è stata è stata simbolizzata da una giovane vergine corteggiata da figure orripilanti, riecheggiando l'antico mito della giovane Proserpina/Persefone, rapita e condotta da Plutone/Ades nel suo regno sotterrano.
Il rimando al rapporto tra Eros e Tanatos è lampante, basti pensare a certi quadri di: Schiele, Eduard Munch, Hans Baldung in questi casi la morte è puntualmente rappresentata da una giovane fanciulla circuita da raccapricianti figure, e nel caso di “ La morte che abbraccia una donna” di Kate Kollwitz’” abbiamo una potente espressione di questa dicotomia .
Fra i tanti il mio preferito è quello di Klimt dove la polarità Vita/morte è rappresentata da un intreccio di figure teneramente e calorosamente abbracciate, mentre uno scheletro in agguato veglia il loro sonno sereno.
Le seduzioni della vita appaiono ancor più potenti nei pressi della morte. Avviluppate nella sensualità dell'oro e nella sinuosità delle forme e del movimento, queste figure richiamano certi lavori bizantini dove lo sfondo oro nega lo spazio e colloca la figura umana in uno spazio atemporale regalandoci attimi di eternità.
Antonella Iurilli Duhamel
opera A.Iurilli Duhamel.
" Ophelia" 2009
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
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