Scritto da © Antonio.T. - Mer, 03/04/2019 - 11:26
Ritornare ad Alce Nero
La crisi della psichiatria e i sospetti che avvolgono la psicanalisi non sono del tutto infondati. Sia l'una che l'altra infatti derivano i loro modelli concettuali da quello schema che Cartesio ha introdotto e che la scienza ha fatto proprio quando per i suoi scopi esplicativi ha lacerato l'uomo in anima (res cogitans) e corpo (res extensa) (1)
Psichiatria e psicoanalisi non comprendano l'uomo, ma lo spiegano in riferimento ad un modello concettuale derivato dal dualismo di anima e corpo. La fenomenologia e l'analitica esistenziale individuano l'origine della alienazione nella separazione che divide l'uomo da sè, nella divisione che lacera l'uomo in un corpo che racchiude un’anima e un’anima che fugge il corpo. Questo modello opposizionale è molto più vecchio di Cartesio e dello stesso cristianesimo. La sua formulazione classica risale infatti a Platone. Nel mito dell'auriga (2) Platone paragona il corpo ad un nero destriero sensibile solo alla frusta.
Per Alce Nero il rito della lamentazione ci aiuta al contrario a realizzare la nostra unità con tutte le cose ci mette in grado di sapere che tutte sono nostre parenti (3). il pellerossa non è in unità ed armonia solo con l'universo ma con tutto l'essere cioè innanzitutto con il sogno e con la follia. Con quell’ essere che Cartesio ha creduto di dominare nonostante gli inganni del genio maligno , ricacciandolo nell’ oscurità di una esistenza non autentica. Con quell’ essere che Freud ha reso disponibile all’ ascolto dell’occidente solo attraverso la mediazione della rappresentazione, per cui il sogno parla comunque sempre di qualcosa d'altro rispetto al suo contenuto manifesto. Perché per Cartesio l'estensione semantica del sogno si esaurisce e si identifica col dubbio? Se una obiezione al logos può essere mossa essa va individuata nella denuncia di quel destino che degrada il sogno al ruolo dello scetticismo. Ciò che è in gioco nel ritorno ad Alce Nero è infatti proprio il valore culturale dei sogni.
Nella civiltà occidentale questo valore è ben diverso da quello che il sogno viene riservato nelle società sciamaniche arcaiche (4).
Psicoanalisi e psichiatria sono l'ultima forma di secolarizzazione del sacro la più radicale poiché esse si rivolgono a quella fonte che è la vera scaturigine degli dei. Il valore del sogno è ormai esclusivamente quello di documento simbolico in base al quale vengono identificati certi traumi psichici.
Per l'occidente il sogno non ha valore positivo, non ha una funzione costituzionale, ma è la traccia che la logica del dominio segue e bracca fin dentro l’inconscio dell’uomo. Perché il sogno nella civiltà occidentale ha una funzione eversiva che insidia l'ordine costituito? Forse perché il sogno non conosce gerarchie? Perché nel sogno e nella visione ogni uomo ha pari valore e dignità? Perché il sogno nella civiltà occidentale non svolge e non ha mai svolto il ruolo di cardine di rotazione delle forze cosmiche delle forze sociali? Eppure la cultura greca non ignora l'inconscio che anzi lo nomina “demone” distinguendolo anche terminologicamente dall’ anima, psiche. Lo stesso Platone assegna all’ Eros, cioè ad uno dei modi in cui si manifesta il daimon, il compito di congiungere l'umano e il divino. Ma poiché il divino è anima e il daimon non è psiche Eros, l'amore, non può raggiungere il suo fine. L’amore è anelito che non si acquieta perché il daimon non è separazione ma il separato, il risultato della separazione prodotta dal logos. Questa separazione è anche strutturazione dello spazio simbolico e cosmico. Perché i greci attribuivano ai sogni una origine tenebrosa, ctonia, e relegavano il regno dei sogni negli spazi estremi oltre l'oceano cioè oltre il cosmos? Forse perché avvertivano che il mondo dei sogni è l'apertura originaria da dove deriva il loro e il nostro mondo?
Forse perché presagivano che la polis e l'occidente non è che un sogno che ha prevaricato altri sogni?
Al Dio cristiano che ordina ai suoi fedeli di incutere paura e terrore a tutto ciò che ha vita Alce Nero risponde che siamo tutti parenti, “che i nostri fratelli siano mansueti e non abbiano paura di noi”
La medicina olistica (5) deve prendere le mosse da questa preghiera di Alce Nero: essa infatti non è solo preghiera e parola ma linguaggio che implica un universo di atti che pongono in gioco l'intero essere dell'uomo. La preghiera di Alce Nero non lascia trasparire rotture tra il mondo delle parole e il mondo del gesto, tra spirito e corpo.
La struttura della verità al contrario non comprende al suo interno il mondo dell’azione, del gesto e della libertà. La verità non impegna direttamente l'uomo.
Heidegger ricorda che il modo di vita che si definisce in base al Theorein e ad esso si dedica i greci lo chiamano bios Theoreticos, mentre distinto da questo è il bios practicos e definisce il modo di vivere che si dedica all’ agire e al produrre. Se teoria è parola composto da due radici, THEA e ORAO, (6) e se teoria significa dunque, come propone Heidegger, l'attenzione rispettosa che si porta alla disvelatezza di ciò che è presente, qual è la differenza tra una teoria e una visione? Sia il theorein sia il vedere in cui consiste la visione sono un guardare, custodendola, la verità. Sia la teoria che la visione sono l'apertura dello spazio in cui accadono gli dei e il sacro. Ma il theorein esclude da questa apertura il corpo cioè la dimensione dell’etica, dell’azione, della politica e della produzione. il corpo rimane fuori dall’ ambito della teoria cioè dall’ ambito della verità. Il significato autentico della ausbleiben consiste allora proprio nell’ esclusione (Aus) del corpo (Leib) dall'apertura della verità. Così il corpo è lasciato fuori dall’ accadere del sacro.
Gli dei dell’occidente e la metafisica sono solidali in questo evento fondamentale che esclude il corpo dal sacro.
Di che genere sia questo rapporto che ad un tempo lega e separa il corpo e la verità hanno tentato di dirlo tanto il marxismo che la fenomenologia ma anche la genealogia di Nietzsche e la sociologia di Weber. Le risposte sono diverse ma tutte danno per scontata l'esistenza di detto rapporto. Rapporto fondamentale poiché in esso si trova esposto il senso dell'appartenenza di essere e pensiero.
Se il corpo è spazio d'iscrizione degli avvenimenti cioè esso stesso prodotto storico del potere sapere, il corpo è un dono di Dio cioè il frutto del modo in cui la religione pensa il rapporto tra trascendenza ed immanenza .
Per Weber è in relazione al paradigma etico costituito dalla morale calvinista che va compreso il fatto che a Firenze nel 14º e 15º secolo fosse considerato moralmente riprovevole il mercato del denaro mentre nella economia forestale della Pennsylvania del 18º secolo tale mercato del prestito ad usura fosse anzi contenuto di una condotta degna di lode (7).
Sono ancora e sempre gli dei a determinare la bontà o la cattiveria delle azioni degli uomini. Ed è sempre il Dio cristiano anche se riformato ad usurpare il mondo dell’indiano. Anche l’indiano è figlio della sua religione. Ma La Sapienza indiana non è figlia della separazione di Dio e natura corpo e anima ragione e sogno. La genealogia della morale indiana è genealogia del corpo dell’indiano. Il sistema di esercizi fisici: la corsa il nuoto eccetera che interessano la dimensione profana della vita non è in antitesi alla dimensione sacra della vita nella quale il corpo occupa anzi il posto centrale.
Il rito del pianto rituale per avere una visione; il rito della capanna sudatoria; la danza del sole, espongono il corpo ad un insieme di tecniche che lo sacrificano vale a dire che lo fanno sacro. In questo procedimento di sacrificazione la visione è l'energia che il corpo sprigiona e che al corpo ritorna: è il risultato di una Theia techne a noi sconosciuta.
Se, come dice Cassirer, il contenuto e il valore della religione hanno le loro radici non nel mondo della rappresentazione ma nel mondo del sentimento e della volontà (8) per cui il significato del rapporto che l'uomo instaura con la realtà e la natura si esprime non unilateralmente nella sua rappresentazione e nella sua fede ma nella sua volontà e nel suo agire, come il Dio dell’indiano ha determinato il suo agire? Se la vera oggettivazione del fondamentale sentire mitico religioso si trova non nella semplice immagine degli dei ma nel culto loro tributato, che differenza sussiste tra il modo in cui il pellerossa prega il suo Dio ed il modo in cui l'uomo bianco prega il Dio dell’occidente? Se l'agire è l'elemento primo a cui la spiegazione mitica si aggiunge solo in seguito per cui non già il mito offre la chiave per la comprensione del culto ma è piuttosto il culto che forma la fase primitiva del mito, come il culto indirizza l'azione dell'uomo nel mondo?
Per Cassirer il nesso che Hegel cerca di stabilire mediante la costruzione dialettica deve potersi mostrare anche dal lato opposto, dal lato della considerazione puramente fenomenologica. Tale nesso tra culto e azione cioè tra il modo di pregare gli dei e l'agire dell'uomo nel mondo è costituito dal sacrificio.
Nel sacrificio convergono i divini e i mortali l'interno e l'esterno l'uomo e la natura il corpo e i sogni l'essere e il pensare. E’ nel sacrificio che il senso autentico dell’unità di tutte le cose diviene manifesto. Nel sacrificio la fede religiosa raggiunge la sua vera evidenza: ivi essa si converte direttamente in azione. Se tutto questo è vero in quale modo e perché lo sciamanismo democratico degli indiani dell’America del nord determina un comportamento sociale il cui valore ecologico è diametralmente opposto al comportamento sociale indotto dagli dèi dell’occidente?
Il corpo dell’indiano è il prodotto di una maieutica sacra, di un’arte poietica che conserva e mantiene in sé, nel suo seno, la poesia. L'arte indiana, le danze i riti le canzoni sono sempre il risultato di una attività visionaria ma al tempo stesso tempo tali attività definiscono un insieme di pratiche ed esercizi fisici che plasmano il corpo accordandolo col proprio ambiente. L'energia non è una merce ma una qualità del corpo. A noi può sembrare strano o forse addirittura barbaro il fatto che gli indiani sacrificassero al sogno un poco del loro sangue e una parte del loro corpo (9). In realtà l'esclusione del corpo del sacrificio è un evento che ha trascinato dietro di sé tutta la nostra storia. La liberazione del corpo dallo spazio del sacrificio ha in realtà tolto il corpo dalla dimensione del sacro: non ha liberato l'uomo, ma anzi separando il corpo dal sacro ha reso il corpo un nulla. Il senso della finitudine va compreso a partire da quell’ evento che getta il corpo nel mondo, cose tra le cose.
Le speranze dell’ecologia sono legate all'apparire di una nuova ierofania a cioè di una nuova manifestazione del sacro che riporti il corpo dal mondo in cui è stato traslato e in cui il sacrificio si manifesta nella forma della produzione, al tempio degli dei.
Il corpo o meglio il corpo sognante, è questo tempio, ma il sacro così come esperito dall'occidente, rigetta l'uomo nel mondo. L'uomo non è finito perché nasce e muore ma perché vede nelle cose il limite della propria esistenza. La parola di di Anassimandro delimita lo spazio del nostro pensiero e del nostro agire. Separato dal corpo e dai sogni l'uomo non può più cogliersi come la fonte dell’emergenza delle cose, come la fonte originaria dell’identità e della differenza. Il senso della vita e il senso della finitudine divengono manifesti se si pensa alla costituzione dell’essere dell’uomo come prodotto di quel destino che rigetta il corpo e il sogno al di fuori del sacro. la traslazione del sacrificio getta l'uomo nel mondo e così l'uomo, non più invischiato nelle faccende del sacro, ha ora tempo per dedicarsi alla realizzazione del volere divino. il tempo nasce quindi in forza della separazione che rigetta il corpo al di fuori del sacro. Marx coglie l'essenza dell’economia allorché afferma che ogni economia si risolve in un risparmio di tempo. La costruzione del mondo è riappropriazione della terra nel tempo profano, è la ripetizione profana del gesto divino, è la riappropriazione del senso perduto della terra mediante il dominio e il controllo dei processi di produzione. Ma la tecnica non è uno strumento utilizzato in vista di un fine. La tecnica è il destino dell’essere così come esso si manifesta nella civiltà occidentale. Il progetto marxiano di umanizzazione della natura fallisce miseramente. La costruzione logica del mondo cioè il tentativo di spiegare l'oscura consistenza dell’ente mediante la costruzione di un mondo che si sovrappone alla terra è il tentativo aporetico di ricongiungere ciò che originariamente e posto come separato. Tale tentativo sta infatti all'origine della reificazione della terra e della deiezione dell'uomo. La traslazione del sacrificio ha posto nel luogo del culto idoli e false immagini che sono la rappresentazione fossilizzata e stereotipata del sacro. Questi stereotipi e tutte le letture che si attardano attorno alla loro interpretazione e al significato dei miti e dei riti, non sono che ciò che rimane della dialettica del sacro non sono che delle dossografie che non colgono l'essenziale del fatto religioso. Esse infatti isolano ed escludono dalle loro analisi ciò che invece è essenziale al fine della comprensione del significato del fatto religioso: l'uomo e il modo in cui l'uomo entra o non entra nel sacrificio. In tal modo le divinità i miti i riti separati dal processo della loro creazione divengono ipostasi non più intellegibili. Questo modo di procedere proprio della storia delle religioni non è un errore ma un portato della nostra civiltà poiché esso è da imputare in ultima analisi alla esclusione del sogno e del corpo dall'ambito dei valori, cioè dall’ ambito dell’essere.
Quando nel luogo del culto non compare più l'uomo: Odino, Van Gogh, Alce Nero, ma il Dio soma, allora anche l'uomo diviene soma, il cadavere: allora la traslazione del sacrificio e la liberazione del corpo dal sacro è compiuta. Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che il nucleo fondamentale dello sciamanismo consiste nell’ investimento del corpo da parte delle tecniche dell'estasi (10) e che, in questo quadro, l'uso delle droghe non è che è un surrogato volgare della trans pura e che il soma era probabilmente una bevanda con effetti allucinogeni; che Odino e Varuna erano originariamente dei sciamani che furono probabilmente piegati alle all'ideologia tripartita proprio mediante la libagione dell’ idromele e del soma, l'ipotesi che i nuovi dei e cioè quelli che ancora ci sforziamo di pregare siano nati in virtù di questo evento fondamentale a partire dal quale il corpo cessa di apparire come tempio del culto, non appare del tutto infondata. Non appare infondata neppure l'ipotesi che anche all'origine del pensiero rappresentativo si trovi proprio questo evento a partire dal quale il significato del sacrificio non è più funzione del contenuto del sacrificio quanto piuttosto della forma del sacrificio stesso.
Il processo delle sostituzioni progressive: corpo proprio, capro espiatorio, bevanda rituale, è il processo che scandisce le tappe dell’allontanamento dell'uomo dal sacro. Ma è anche il processo che scandisce le tappe della costituzione del pensiero occidentale. È solo perché nel sacrificio il capro espiatorio prende il posto dell’uomo che potrà darsi un problema dell’essere. All'origine del problema dell’essere sta infatti la questione dell’essere dell’uomo. Come ricorda Heidegger solo l'uomo esiste. Ma il modo in cui l'uomo esiste cioè il modo in cui l'uomo è aperto all’ accadere della differenza è il modo fondamentale dell'alienazione poiché da questa apertura è escluso il corpo. Certo la riflessione sulla fondamentale disposizione rappresentativa del pensiero occidentale sopraggiunge solo successivamente. Se può darsi che l'uomo del passato e di oggi abbia già per secoli troppo agito e troppo poco pensato e se il carattere fondamentale del pensiero è il rappresentare l'interrogativo di Heidegger: “ perché il percepire si dispiega nel rappresentare e perché il rappresentare è rappresentazione”? potrà forse trovare una risposta ripensando il senso della dialettica del sacro cioè la funzione poietica del sacrificio . La filosofia non può più procedere come se nell’ evento che porta il capro espiatorio, il soma e. alla fine, il corpo e il sangue di Cristo in sacrificio, non ci sia nulla di problematico. L'uomo è infatti separato dall’ essere perché il sacrificio per l'occidente è la rappresentazione della parodia del sacro. L'inganno in virtù del quale è sembrato possibile piegare gli dei alla volontà dell'uomo mediante preghiere ed offerte che non espongono più l'intero essere dell'uomo: l'inganno che fa comparire nel sacrificio il simulacro del corpo; l'inganno che conduce sull’ altare la rappresentazione del corpo è l'evento a partire dal quale potrà nascere la filosofia moderna. Il presente non è più un dono (present)perché l’accadere si manifesta nella forma della storia cioè nel processo che incessantemente deve ripercorrere a ritroso le vie dell’allontanamento del corpo proprio dal sacro: bevanda sacrificale, capro espiatorio, corpo proprio.
Sacrificare infatti non vuol dire privare, ma fare sacro. il corpo. allontanato dal sacrificio, non è più sacro non è più la scaturigine degli dei. Se nelle società native l'esposizione del corpo nello spazio del sacrificio produce visioni e sogni nella società occidentale la sostituzione del corpo rigetta il corpo nel mondo dove produce plusvalore. La forma transitiva del sacrificio ha liberato l'uomo dalla necessità di esporre il proprio corpo nel luogo del culto. Tale sostituzione ha anche reso possibile la delega del sacrificio che può così diventare affare di una casta. Ma se il sacro è un elemento nella struttura della coscienza e non uno stadio nella storia della coscienza stessa è allora la morfologia del sacrificio ciò che ha determinato e determina il modo di produrre dell'occidente? Il profitto è una manifestazione del sacro? La forma originaria dello scambio consiste allora nello scambio nel senso della sostituzione dei corpi? La sostituzione del corpo proprio con un corpo o con una sua rappresentazione lascia nel luogo del sacrificio uno spazio vuoto dove non può più accadere il presente.
L'affinità linguistica di soma che in greco significa corpo e di soma, il Dio bevanda del Pantheon vedico, non è attestata in alcun luogo ma l'affinità di soma e idromele così come riferito da Eliade (11) e l'epiteto di custode del corpo attribuito al Dio Soma sono indicazioni che fanno quantomeno presupporre tra i due termini una affinità concettuale. Snell ricorda che Aristarco osserva che la parola soma che più tardi significherà corpo, non viene in Omero mai riferita ai viventi ma solo al cadavere. (12)
L'utilizzo di massa delle droghe nella società moderna si fonda sul medesimo destino che millenni or sono portò il sacro e quindi il sacrificio a manifestarsi in modi diversi da quelli conosciuti dallo sciamanismo. Il soma- idromele diviene così oppio cocaina eroina cannabis ecstasy cioè pure tecniche di produzione dell'estasi nelle quali e per le quali il corpo è però unicamente oggetto e mai soggetto produttore delle modifiche degli stati di coscienza. È così solo a partire da questo evento e cioè dalla traslazione del sacrificio tale per cui il corpo non è più soggetto ma oggetto del sacro che potrà porsi la questione dell’alienazione e della finitudine. L'uomo infatti si scopre alienato solo allorquando il sacro accade in uno spazio diverso dal corpo proprio. L’ Occidente prega ormai da millenni solo attraverso corpi altri o tutt’al più attraverso rappresentazioni stereotipate del corpo: dapprima il sacrificio del primogenito (il sacrificio di Isacco o quello dello stesso Gesù) poi il sacrificio del capro espiatorio quindi il sacrificio del soma-idromele e da ultimo il rito eucaristico del pane e del vino.
Il corpo, così separato dal sacro, diviene Soma, animale da soma, pura materialità traslata nel mondo della produzione. L’autentica fonte ed origine del sacro è insomma sempre il corpo proprio ed il sacrificio non può mai avere forma traslativa.
E se la droga fosse il modo in cui si annuncia, nelle forme estreme del nichilismo e dell'alienazione, la disponibilità del corpo a ritornare nel luogo dove dei e uomini si incontrano e si parlano?
A chi mi domanda quando torneranno gli dei rispondo citando Platone. Chi è un eroe? Un combattente dell’ eros. Nell’amore il corpo e il sogno, il mondo e l'uomo, sono un solo grande abbraccio.
Bibliografia
- U.Galimberti, Psichiatria e fenomenologia, Feltrinelli
- Platone, Fedro
- Alce Nero, La sacra pipa. Rusconi
- Lanternari, Imperialismo e antropologia, Einaudi
- F.Capra, Verso una nuova saggezza, Feltrinelli
- M. Heidegger, Saggi e discorsi, Mursia,
- M. Weber, L’etica protestante, Sansoni
- E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, La nuova Italia
- Molti trofei, Una vita sul sentiero di guerra, Rusconi
- Dumezil, Gli dei dei Germani, Adelphi
- Eliade, Storia delle idee e delle credenze religiose, Sansoni; Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi, ed. Mediterranee
- B. Snell, La cultura greca, Einaudi
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