Scritto da © Antonio.T. - Dom, 20/01/2013 - 14:50
Non ho mai avuto un buon senso dell'orientamento. Mi risulta particolarmente facile perdermi tra le costruzioni dell'uomo, siano esse strade, città o immensi ipermercati. Per quanto cerchi sempre di fissare nella mente dei punti di riferimento, questi si rivelano sempre inspiegabilmente insufficienti a farmi ritrovare la giusta via. Questa sensazione di smarrimento al contrario non mi coglie mai quando mi ritrovo, invece ad esempio, in montagna, in un bosco o in aperta campagna. Chissà per quale oscuro motivo lì la strada, il sentiero che mi riporta a casa lo trovo sempre.
Anche un cimitero è un manufatto dell'uomo. Soprattutto un grande cimitero di città, con le sue sezioni, le sue vie, le sue tombe di famiglia. Il cimitero di città è una grande allegoria della vita e ricalca, nella sua architettura e nella sua urbanistica, la storia della città che lo ospita, nonchè la storia e l'evoluzione delle dinamiche sociali e delle famiglie più influenti. Vecchie tombe di famiglia quasi diroccate rivelano i fasti passati e non più rinnovati ed attuali di antichi signoraggi.
Quel giorno cercavo una tomba umile ricca però della grande umanità di un amico che avevo perduto da poco. Avevo pregato su quella tomba qualche giorno prima in occasione del funerale, ma c'era troppa gente da salutare, da abbracciare, da consolare, e pertanto mi ero ripromesso di ritornarvi quando le luci dell'ultima ribalta si fossero definitivamente spente, quando il clamore suscitato per la morte di un giovane uomo buono si fosse placato. E così fu.
Purtroppo quel cimitero si rivelò per me, nonostante avessi anche questa volta fissato nella mia mente dei punti di riferimento, un labirinto e mi persi. Girovagai per il cimitero almeno per un'ora, alla fine rinunciai alla promessa che mi ero fatto di tornare a quella tomba per salutare un vecchio e caro amico. Con difficoltà trovai la strada per uscire dal cimitero che ritrovai solo perché le indicazioni erano molte e molto chiare. Con grande malinconia vidi in lontananza la porta d'uscita e mi ci incamminai quando, all'improvviso, sentii alle mie spalle un strepitio insolito rompere in modo repentino e deciso il silenzio del luogo. Mi girai incuriosito. Alzai lo sguardo e vidi assiso sulla punta di un alto cipresso, un falco. Mi girai nuovamente su me stesso in direzione dell'uscita. Il falco ricominciò a strepitare. La scena si ripetè almeno tre volte. Ogni volta che giravo i passi verso l'uscita il falco ricominciava a strepitare e a fischiare. Alla fine capii, capii che voleva che lo seguissi. E lo seguii e ritrovai la tomba dell'amico che a lungo e senza esito avevo cercato.
Questa non è una favola, ma il resoconto di un evento che ha per sempre modifricato nei miei occhi e nel mio cuore la sottile linea che separa realtà e fantasia, cielo e terra, vita e morte. Gli occhi guardano segni che la mente decodifica e vedere è sempre molto di più di un semplice guardare. Quel falco era l'anima del mio amico e l'aldilà, a volte, scende a trovarci. Io non sarò più solo. Il falco ha aperto uno stargate verso altri mondi...
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