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Scomparsi!

La misteriosa torre del borgo medioevale di Casertavecchia
Racconto tratto dal mio libro AD OCCHI APERTI    Racconti di fantasmi, streghe ed altre  apparizioni    Ed. IL FILO  - Viterbo -
 
 
 
 
 
S   C   O   M   P   A   R   S   I   1
 
SCOMPARSI!
Staremo qui a darvi testimonianza scritta dell’incredibile vicenda capitata nel 1997 a due giovani napoletani scomparsi come per incanto a Casertavecchia e non più ritrovati.
L’antico borgo medioevale sorge alle pendici dei monti Tifatini ad un’altezza di 401 m.. Esso è facilmente raggiungibile da più punti e dista da Caserta circa 19 Km. in direzione nord-est. Le origini del paese sono ancora oggi incerte, ma secondo alcuni scritti del monaco benedettino Erchemperto che risalgono all’anno 861, si parla di un primo nucleo urbano denominato Casahirta (dove casa sta per villaggio e hirta per aspra, ripida, di difficile accesso).
 
Orbene, in un bel giorno di primavera Romina ed Alfonso, fidanzatini del Vomero, si recarono in questo luogo incantato, dove pare che il tempo si sia fermato in un percorso carico di elementi che lo rendono unico, frutto di fusioni di diversi linguaggi formali e artistici che confluirono da più parti e furono rielaborati dalla cultura architettonica dell’epoca.
 
La strana vicenda dei due giovani non ci è nota direttamente, essa è stata appresa, dall’inizio alla fine, attraverso articoli di giornali, registrazioni audiovisive, testimonianze, rapporti dei carabinieri, documentazione varia consistente in effetti e scritti appartenuti ai due ragazzi.
La ricostruzione che abbiamo proposto al lettore può apparire, quindi, piuttosto frammentaria; essa non è certamente stata facile, essendosi basata esclusivamente su elementi indiretti. Di conseguenza, ci scusiamo per eventuali inesattezze, proponendo i fatti così come da noi appresi.
 
 
TESTIMONIANZA DELLA MADRE DELLA RAGAZZA
Registrazione audio – Aprile 1998
 
“Tutto è cominciato la domenica del 20 aprile dell’anno scorso, quando Alfonso telefonò alla mia Romina che potevano essere le sette del mattino…anzi, prima delle sette…si, erano le sette meno un quarto, ricordo bene.
Io sentii il telefono squillare e la ragazza, che era già sveglia, corse subito a rispondere. In poco meno di mezzora era già bella e pronta per scendere …(piange) Io, che ero ancora a letto, le chiesi:- Dove vai, Romina, con tanta fretta? Dove vai di domenica mattina così presto?-. Mi rispose: - Esco con Alfonso, mamma…-.
 
 
TESTIMONIANZA DEL PADRE DELLA RAGAZZA
Registrazione audio- Aprile 1998
 
“Quando stava per uscire, senza neanche dire dove andava, il sangue mi salì alla testa. Così mi alzai subito dal letto e mi misi…(la voce è rotta dall’emozione)mi misi davanti alla porta d’ingresso per sbarrarle il passo. Andava tanto di fretta che calzò le scarpe correndo nel corridoio, lanciando di qua e di là le pantofole. –Se non mi dici dove andate, non esci!- le dissi in tono…come si dice…imperativo?… In tono imperativo con le mani nei fianchi.
 
 
IL PARERE DELLO PSICOLOGO
da “Novella 2000” del 30 maggio 1997
 
“I giovani di oggi sono figli del consumismo, nel quale si identificano e si misurano. Si dice che essi, rispetto alle generazioni precedenti, non hanno modelli, ma non è vero. Mentre i loro padri erano influenzati da miti del cinema come Gary Cooper, Burt Lancaster, o dello sport come Pelè o Di Stefano, essi oggi sono affascinati da figure ben più pratiche come Berlusconi o Benetton, Agnelli o Murdock o altri. I giovani, com’è giusto che sia, si sentono protagonisti della loro esistenza, primi attori nel film della loro vita. Per questo sono insofferenti a sottoporsi a qualsiasi tipo di vigilanza della loro privacy, a qualunque imposizione. Chiedere consiglio ai più anziani o ascoltarne semplicemente il parere, è come sentirsi spersonalizzati.”
 
 
TESTIMONIANZA DEL PADRE DI ALFONSO
Registrazione televisiva da “Chi l’ha visto” del 3 giugno 1997.
 
 
“Negli ultimi tempi, mio figlio non lo si riusciva più a capire! Non lo so…era così immerso in certi studi, in certe ricerche, che riguardavano la tesi di laurea che stava preparando…Non lo riconoscevo più! Quella domenica mattina disse che aveva bisogno di “vivere in quella atmosfera”, di stare in quei luoghi per “ascoltare le pulsazioni del tempo”. Si allontanò con la mia “Panda” amaranto e da allora non l’ ho più rivisto… ”
 
 
 
 
 
TESTIMONIANZA DELLA MADRE DELLA RAGAZZA
Registrazione audio. Aprile 1998
 
“Scomparsi! Scomparsi nel nulla! Non ho più rivisto mia figlia! Non ne ho più avuto notizie..Poi…è stato quel che è stato! …E non si sa bene…neanche i carabinieri hanno mai potuto appurare cosa è stato. In un rapporto si parla di un manoscritto nel quale sono annotati delitti, corpi dissolti…ma tutto è così confuso, così incredibile…”
 
 
 
TESTIMONIANZA DI UN ANZIANO VICINO DI CASA DI ROMINA
Registrazione televisiva da “Chi l’ ha visto” del 10 giugno 1997.
 
“Romina era una ragazza allegra. Forse…sa, come sono i giovani di oggi…ecco, forse un po’ ribelle! Ma niente di preciso, sa… Oggi i ragazzi vogliono auto-governarsi senza stare a sentire nessuno. Credono di sapere tutto loro, credono di saperne di più di noi anziani, poi alla prima difficoltà…In realtà sono molto fragili e vulnerabili. Romina…anche se un po’ impulsiva, era una ragazza a posto. Si disse in giro che era fuggita col fidanzato, ma a me sembrò strano. Io non so bene che fine abbiano fatto quei due, che cosa possa essere accaduto…Si dice che siano morti…ma certamente non era una fuga…come si dice?… d’amore. Noooo…non credo…ripeto, mi sembra strano.”
 
 
 
 
 
TESTIMONIANZA DI UN AMICO DI ALFONSO
Registrazione televisiva da “Chi l’ ha visto” del 10 giugno 1997.
 
“No! Escludo categoricamente che possano aver fatto una cosa simile! Perché poi? Vidi Alfonso il sabato mattina…Per la verità era molto strano e nervoso, non sembrava nemmeno lui…sembrava un’altra persona. Mi parlò…in latino, pensate! Non credo volesse fuggire con Romina. Sono certo che non si trattava di una storia d’amore. Aveva altro per la testa…ben altro! Per amore non aveva alcuna ragione di andar via. Stavano insieme de quattro anni con l’ampio consenso dei genitori. Non c’erano screzi fra le famiglie…nulla…Ah, poi né Alfonso, né Romina mi risulta che avessero denaro. Non vedo come avrebbero potuto…
 
 
In una lettera scritta due anni prima, nel 1995 da Pio, fratello di Alfonso, ad uno zio di Parma si rileva il carattere dei due ragazzi:
 
“ Napoli, 22 giugno 1995
 
Caro zio,
come già ti ho detto telefonicamente, all’inizio di Agosto verrò a trascorrere una settimana lì da voi. Mi hai invitato tante volte, ed io, per mille motivi, ho sempre dovuto rinviare, ma questa è la volta buona che ci rivediamo da vicino. Qui le cose vanno abbastanza bene. Tra qualche giorno finirà la scuola, ed io, come ben sai, sono impegnato con gli esami di maturità. Ho scelto l’Italiano come prima materia orale, e credo che la Commissione mi abbinerà la Ragioneria come seconda materia.
Per la verità non mi preoccupo più del dovuto, non per sottovalutare la cosa, ma perché mi sento abbastanza ben preparato. Di conseguenza, spero di chiudere con un voto almeno non inferiore a 54 o 55. Qui stiamo tutti bene, a parte Alfonso che mi preoccupa un po’. Non che stia male fisicamente, intendiamoci, ma il fatto è che lui è fidanzato da due anni con una ragazza con la quale non fa altro che litigare. Alfonso prima era allegro, gioviale, socievole con tutti, e soprattutto era un ragazzo con un carisma ed una personalità molto spiccata. Ora pare che, di fronte ad una donna, direi un po’ prepotente ed esuberante, egli sia diventato via, via, introverso e passivo. Ogni tanto esplode in reazioni sempre più inconsulte che sfociano spesso in bestemmie e volgarità. Quando questo avviene, lei ha paura. Pensa che non di rado finiscono per picchiarsi, ma dopo qualche minuto sono di nuovo in amore ed in accordo. Sembrano come due poli elettrici diversi che si attraggono. Alfonso ora ha pochi amici, non ha più interessi diversi dallo studio nel quale si è tuffato anima e corpo, come per sfuggire a qualcosa o a qualcuno, forse alla realtà che lo circonda. Ora è sempre serio, compassato, mangia poco e dorme male, non guarda la televisione, ascolta solo musica, e da un po’ di tempo si è messo a fumare. Ma cos’è che lo fa star male? Forse il rapporto con Romina? Non saprei risponderti con precisione, caro zio. In attesa di rivederti personalmente, ti saluto con molto affetto.
 
 
Pio Florio “
 
 
Dunque, alle sette del mattino del 20 aprile 1997, Alfonso e Romina si incontrano, ed a bordo di una Fiat Panda di color amaranto si recano a Casertavecchia, dove il ragazzo, per svolgere una ricerca universitaria sullo svevo Riccardo Di Lauro (1232 – 1266) ai fini della presentazione della sua tesi di laurea, ha bisogno di “vivere in quell’atmosfera”.
Ma in cosa consisteva la ricerca di Alfonso? Lo possiamo intuire dagli appunti trascritti su dei fogli ritrovati in un cassetto della sua scrivania:
 
“…Nel 1062 Casertavecchia fu occupata da Riccardo I di Aversa, e da qui ebbe inizio la dominazione normanna che portò il paese al suo massimo splendore negli anni che vanno dal 1100 al 1129 con la costruzione dell’attuale cattedrale sotto l’episcopato di Rainulfo, e la sua consacrazione nell’anno 1153 al culto di S. Michele Arcangelo. Il culto continuò ed accrebbe di importanza durante la dominazione sveva con Riccardo Di Lauro al quale si deve la costruzione al castello della grande torre cilindrica. Ma perché fece costruire quella torre, visto che il maniero era già ben fortificato e si trovava tanto in alto da poter ben controllare la zona circostante? La torre si erge ben oltre il muro del castello, nel suo interno si possono ancora notare i ruderi di una scala che, girando tutto intorno alla parete circolare, giunge fin sopra la sommità. Alla base, la scala sprofonda nel terreno come se volesse penetrare nel sottosuolo. Poco lontano dalla torre, a testimonianza del culto di S. Michele, sorge la cappella di S. Rocco. Essa è situata nell’incrocio delle strade provenienti da Casola, Sommana e Pozzovetere. Ha una caratteristica struttura esterna con un solo portico, dove vi è una finestra cieca con tracce indecifrabili di affreschi: pare si tratti di figure di arcangeli che combattono con demoni.”
 
 
Alfonso aveva, dunque, bisogno di trovare delle risposte agli interrogativi che si era posto, e per questo aveva approfondito la sua ricerca su Riccardo di Lauro, morto per misteriosi motivi ad appena 34 anni, e ancor di più riguardo a un suo cortigiano, tale Gunther Von Hainedher, del quale leggiamo notizie su un quadernone anch’esso trovato in un cassetto della scrivania del giovane.
 
 
“ Era costui un alchimista originario di Dresda in Germania, di padre olandese e madre polacca. Aveva vissuto gran parte della sua vita ad Avanches in Normandia, nella regione della Manche, una lingua di terra lunga e sottile, per tre lati bagnata dalle acque. Spiagge e mare: un gioco infinito tra sabbia, dune, grandi maree, villaggi di pescatori e cittadelle fortificate. Von Hainedher era prelato nell’abbazia di Moint-Saint Michel, che sorge nell’infinita baia su uno sperone di roccia. Un luogo che sembra appartenere di diritto all’umanità intera, tanto è unico e bello. La leggenda narra che la storica abbazia fu fatta edificare sulla costa dal vescovo Aubeto per diretto volere dell’Arcangelo S. Michele, a guardia dei demoni che potevano arrivare dal mare. Oggi essa è una miscela di stili e di epoche diverse che ne rende particolarissima l’architettura, dalla chiesa preromanica agli edifici conventuali fino a quella gotica delle sale più alte chiamate “La Meraviglia”. Come Monsignor Gunther si sia trovato al seguito di Riccardo e che fine egli abbia fatto dopo non si sa. Si sa, invece, cosa egli fosse: era un alchimista seguace delle teorie di Abu Mansur, un medico persiano il cui “Trattato dei fondamentali farmacologici” stabilì le conoscenze chimiche del tempo.”
 
L’alchimia nasce nel VII secolo dell’era cristiana con le invasioni arabe. Alla parola greco-egiziana”kemeia” gli arabi premisero il loro articolo “al”.
Gli alchimisti più famosi dell’epoca sostenevano che attraverso le manipolazioni del mercurio con lo zolfo ed altre sostanze era veramente possibile tramutare i metalli in oro. L’esperienza aveva insegnato, appunto, che distillando il mercurio, adoperato in diversi modi,si otteneva come residuo qualche regolo di oro o di argento. Quindi, gli alchimisti pensavano che il mercurio si trasformasse in metallo nobile o che esso non fosse altro che argento liquido che doveva diventare solido.
 
Sul quadernone di Alfonso leggiamo ancora:
 
 
“Abu Mansur non si interessava alla trasmutazione del mercurio in oro, egli aveva ben altre mire ed interessi. Aveva ritrovato composti con estrazioni dal regno vegetale, che gli permisero di ottenere oli essenziali come il cinabro ed il sublimato per le malattie della pelle, il solfato di rame e di zinco per le malattie degli occhi. Aveva egli scoperto una certa sostanza molto asciutta, quindi vicina al fuoco che aveva la caratteristica di mantenere a lungo la giovinezza. Questa sostanza era la “Pietra filosofale” che, frammista a succhi di foglie e di erbe speciali, sangue di particolari animali uccisi con speciale modalità in determinati luoghi, in precise ore del giorno o della notte, o meglio, a sangue umano di neonati o di vergini, dava luogo all’immortalità.”
 
 
Si trattava in realtà di un medicamento detto “Aurum potabile”, simile alla “Panacea” o “Elisir di lunga vita”, dotato di notevoli proprietà curative. Su questo oro potabile o “Pietra filosofale” si sbizzarrisce la fantasia degli alchimisti, tanto che il francese David De Planis Campy crede di individuare il grande elisir nello spirito del mondo e vede nell’oro, metallo incorruttibile, il simbolo dello spirito universale, della luce che salda l’anima alla materia.
 
Scrive Alfonso:
 
 
“Gunther era un uomo dall’età indefinibile, aveva capelli lunghi, bianchi e fluenti sulle spalle, sopracciglia incurvate ed ispide, sguardo deciso, penetrante ed ammaliante. Vestiva con abiti talari, tutti di colore nero, palandrane lunghe fino ai piedi che calzavano sandali anche nei periodi più freddi dell’anno. Parlava correttamente il tedesco, il francese, il polacco e l’arabo. Conosceva bene il latino classico e la matematica. Era astronomo ed architetto. Era il consigliere di Riccardo, sul quale esercitava un potere assoluto ed aberrante, tanto da farsi donare possedimenti terrieri a Casola, S.Vitaliano e Castel Morrone, fino a divenire uomo estremamente ricco e potente.”
 
 
Sempre a proposito di Gunther Von Hainedher, ci sono delle note su un diarietto di Romina, nel quale si legge:
 
 
“Da un po’ di tempo a questa parte, Alfonso mi trascura più del solito e dedica tutte le sue attenzioni ad un certo alchimista il cui nome tralascio perché non riesco a scrivere bene. Costui ha polarizzato totalmente l’attenzione del mio ragazzo ben oltre la ricerca che sta effettuando per la sua tesi universitaria. Egli possedeva un insieme di conoscenze e pratiche aventi per oggetto energie di entità misteriose che, pare, esistessero in natura, ma che, oggi, esulano dalla moderna indagine scientifica: pratiche magiche o magico-mistiche, alchimia, rapporti con l’aldilà o con spiriti intermedi tra la condizione divina e quella umana, astrologia, mantica in generale. Pare che questa sorta di stregone abbia completamente assoggettato a sé la volontà dello stesso Riccardo di Lauro, signore di Casertavecchia, morto poi giovanissimo in circostanze del tutto misteriose.”
 
Ma che cosa effettivamente si sa di Riccardo di Lauro? Come era morto costui? Le notizie giunte fino a noi sono poche e frammentarie. Nella Biblioteca Nazionale di Napoli abbiamo rinvenuto uno scritto di un tal Vicedomini, monaco abruzzese del 1400: “In illo loco Rikard de’ Lohr ivi giunse, poscia che trapassato ebbe le terre noster già mortificate da la tracotanza teutonica et parve di beni de la terra et pur’anco de lo cielo. Venit, et per lo volere de no mago allo seguito suo, ivi fece aedificare una torre su no già persistente castello. Et quivi era ubicato lo antro de lo mago ne lo qualo fumavano metalli fusi et estranei liquidi in alambicchi. Et oniuno de quelli che ebbero aedificato la torre, pur’anco lo mastro operaio, furono passati pe' le armi et, morto pur’anco Rikard, trovato ne lo suo talamo mentre stringeva lo collo de sé medesimo, niun altro mai seppe ove era lo antro e cosa in illo fecit lo mago.”.
 
 
RAPPORTO DEL SOTTUFFICIALE DEI CARABINIERI
MARESCIALLO SALVATORE PEZONE, COMANDANTE
DELLA STAZIONE DI CASOLA (CE)
 
“Casola, 24 aprile 1997
Il sottoscritto Maresciallo Pezone Salvatore, per l’ordine ricevuto con telefax dal Comandante di Caserma di Caserta 2, si è recato questa mattina in zona Casertavecchia con l’appuntato D’Incertopadre Michele e il carabiniere Faconetti Armando per svolgere preliminari indagini sulle dichiarate scomparse di tali Florio Alfonso e Minucci Romina da parte dei rispettivi genitori sigg. Florio Eduardo e Minucci Gerardo.
Il testimone Coppola Alfredo, di Sommana, gestore di un bar a Castel Morrone, ha dichiarato che recandosi a lavoro con la sua auto, che potevano essere circa le otto e trentacinque, all’incrocio di San Rocco, ha veduto una Fiat Panda di colore amaranto. La macchina, che è stata da noi ritrovata e nella quale non era evidente alcun segno di colluttazione e non c’era alcun effetto personale dei due giovani, era ferma vicino alla Cappella e due giovani che corrispondevano alla descrizione fatta sembravano litigare tra di loro. Più in avanti, la testimone Sciorino Immacolata, donna di pulizia del ristorante “Al cinghiale”, sito proprio all’interno del borgo, ha dichiarato che due giovani che corrispondevano alla descrizione fatta sono passati a piedi proprio davanti al ristorante. Lui parlava di un personaggio dal nome strano e trascinava via lei per un braccio verso la casa Canonica.”
 
 
TESTIMONIANZA DEL PARROCO DI CASERTAVECCHIA
Registrazione televisiva da “Chi l’ha visto” del 10 giugno 1997.
 
“La casa Canonica, costruita nel 1600 per volere del Vescovo Monsignor Giuseppe Schinari, aveva come funzione quella di congiungere insieme quello che una volta era un seminario e poi nel 1842 fu trasformato in convento da Papa Gregorio XVI. Oggi il palazzo è chiuso. Una volta vi si conservavano molti antichi manoscritti che ora sono sparpagliati un po’ in tutte le biblioteche della regione: a Napoli, a Caserta, a Benevento…I due giovani vennero effettivamente a parlare con me. Lui mi sembrava molto agitato, e lei molto impaurita…Non so, sembrava come se avesse voluto dirmi qualcosa…forse si sentiva in pericolo. Domandai infatti proprio alla ragazza se tutto andasse bene, e quella, sia pure titubante, mi rispose di si. Lui avrebbe volto accedere al seminario e mi parlò di un testo scritto da un tale Gunther…Gunther Von…non ricordo bene. Era appunto quello poi ritrovato dai Carabinieri e nel quale vi erano state annotate certe formule. Il suo titolo era: “De lo connubio con lo demone per l’aeterno essere”. Dissi che il seminario era chiuso, che la biblioteca praticamente non esisteva più. Il giovane mi rispose che il manoscritto era ancora tra quelle mura, ed egli sapeva bene dove cercare. Sembrava sicuro di sé, come se…come se già conoscesse quel luogo, quel libro…Era irritabile, teso, sudava, parlava con voce ferma e nello stesso tempo sommessa. Ed il suo sguardo…era del tutto particolare, come se…come se attraverso i suoi occhi fosse qualcun altro a vedere, a sentire attraverso le suo orecchie, ed a parlare attraverso la sua bocca. Un posseduto, ecco! Provò, quindi, ad insistere per entrare nel palazzo del seminario, ma io, seppur con modo garbato, opposi un rifiuto e mi congedai per non sottrarre altro tempo alle mie normali attività. In seguito il sacrestano mi raccontò, poi, di aver visto il giovane intrufolarsi nel seminario attraverso una porticina sul retro che le donne della pulizia lasciano sempre aperta. Il palazzo è ornato con un bel portone centrale realizzato tutto in marmo cipollino, ed anche all’interno ha pregiate strutture tutte ancora curate e ben tenute.”
 
 
TESTIMONIANZA DEL SACRESTANO
Registrazione televisiva da “Chi l’ ha visto” del 10 giugno 1997.
 
“Il giovane diede uno strattone alla ragazza che finì in terra, ed entrò nel seminario dal retro. Ci stava una porticina che le donne lasciano sempre aperta anche perché non c’è alcuna ragione per chiuderla: non vi sono tesori là dentro, a parte, forse, le stesse strutture architettoniche. In Canonica c’è una croce in ferro battuto di stile longobardo, ma lì non c’è nulla di nulla. Ci stanno solo scaffali e scaffali…e scaffali, vuoti, impolverati. Una volta contenevano i vecchi manoscritti della copisteria conventuale…perché allora c’era una copisteria…C’e ancora qualcosa, da qualche parte…forse negli stipi. Senza farmi vedere, seguii il giovane che sembrava già conoscere il posto. Dopo solo qualche attimo di studio, si diresse verso un antico mobile, ne aprì le ante, sollevò il fondo, e da un anfratto nascosto tirò fuori un vecchio e polveroso volume. Lo guardò con una certa…con una certa…come si dice? … con un certo interesse…ah, ecco: con bramosia! Poi lo mise nello zaino che aveva con sé. Ad un certo punto mi vide. Cosa credete che fece? Mi passò davanti guardandomi con due occhi che sembravano lampi di fuoco, poi, come se la mia presenza fosse pura evanescenza, passò oltre, quasi raccattò la ragazza da terra ed insieme si diressero verso la torre.”
 
 
Di quel manoscritto il giovane Alfonso ne fa menzione in alcuni appunti ritrovati sull’ultima pagina di un vecchio diario scolastico:
 
“In uno scritto del monaco Benedettino Erchemperto si fa riferimento a Von Hainedher ed a un suo testo dal titolo: “De lo connubio con lo demone per l’aeterno essere”, in cui l’alchimista scrive: - Perché io l’ho veduta molte volte e l’ho toccata con le mie mani e lo suo colore era quello de la polvere de lo zafferano, ma codesta non ha potere alcuno se non a la presentia de lo demone Osmodeo, la cui evocazione qui annoto contra lo nostro principio de la tramandatione orale. Qui verrò in altero corpo et in altero tempo a rileggere la formula.-
 
Lo scritto risale all’anno 634. Dunque, se Von Hainedher era al seguito di Riccardo Di Lauro nel 1266, quindi 632 anni dopo, doveva veramente aver scoperto il segreto dell’immortalità.
 
 
TESTIMONIANZA DI PIO, FRATELLO DI ALFONSO, AL COMANDO DEI CARABINIERI DI NAPOLI 1
25 aprile 1997
 
 
“In famiglia non parlava mai di questi suoi studi, di questo…Von Hainedher…Negli ultimi tempi era cambiato molto, aveva preso delle abitudini che prima non aveva, non so…sembrava conoscere bene la chimica, e non mi pare che in passato a scuola ne fosse stato mai attratto. Ah, quasi di colpo sembrava aver acquisito una grande conoscenza di astrologia, astronomia e matematica…lui che in matematica è sempre stato una frana! Bene, un’altra cosa: negli ultimissimi tempi il suo carattere ha prevalso un po’ su tutti, in special modo su quello di Romina. La ragazza era assoggettata dalla sua volontà. Ricordo che in una lettera scritta ad un mio zio dissi che di fronte ad una donna, direi un po’ prepotente ed esuberante, egli era diventato sempre più introverso e passivo. Di colpo era cambiato! la sua personalità ora primeggiava, anche se la sua mente sembrava essere attraversata da cose…da cose…distorte, ecco!”
 
 
RAPPORTO DELL’UFFICIALE COMANDANTE DELLA LEGIONE DEI CARABINIERI DI CASERTA 2
Caserta, 2 maggio 1997
 
“Il sottoscritto, Tenente Comparone Francesco, per l’ordine ricevuto dal Sostituto Procuratore di Caserta, dott. Turturiello Angelo, presente all’azione, ha organizzato una battuta nella zona di Casertavecchia nell’intento di ritrovare elementi utili alle indagini relative alla scomparsa dei giovani Florio Alfonso e Minucci Romina, risalente al 20 aprile ultimo scorso. Alla battuta hanno partecipato quattro squadre agli ordini degli appuntati Del Canto Giulio, Mottola Giovanni, De Luca Valerio e Della Volpe Antonio. Nel corso dell’azione il carabiniere scelto Bortone Salvatore ha ritrovato all’interno del castello, ai piedi dei ruderi di una scala che portava sulla torre, una scarpa che è stata riconosciuta appartenere alla Minucci Romina dal padre della stessa, signor Minucci Gerardo. La scarpa era appena visibile perché in gran parte era affossata nel terreno che appariva del tutto composto e non mosso. Il Dottor Turturiello ha, così, richiesto l’opera di due operai con una macchina scavatrice che, convenuti, si sono messi al lavoro scavando una buca di circa quattro metri e mezzo.”
 
Nel rapporto del comandante si legge che la buca rivelò che la scalinata proseguiva fino ad una porticina di ferro, e che per aprire la quale ci vollero, nel tempo, le necessarie autorizzazioni. Fu informata la Soprintendenza ai Beni Culturali di Caserta, che dispose che tutto l’affare fosse curato da un archeologo. Venne nominato allora il professor Aurelio Fiorentino, docente alla Federico II che, con l’aiuto di un fabbro aprì la porta.Essa aveva due ante di bronzo sulle quali, giusto a metà, c’era incisa l’immagine di una testa bifronte: da un lato il volto giovane e bello di un uomo, e dall’altro quello orrendo e cornuto di un diavolo con la bocca aperta, come se stesse lanciando un orrendo grido a squarciagola. Quando il fabbro aprì la porta, il professore con alcuni carabinieri e con il dottor Turturiello, entrarono cautamente all’interno facendosi luce con l’aiuto di torce elettriche. Ai loro occhi si presentò il solito devastante spettacolo dell’opera del tempo: odore intenso di muffa; scaffali che erano divenuti un tutt’uno di polvere con le loro suppellettili; monti spessi di arida terra che ricoprivano interamente contenitori ed alambicchi; oggetti che una volta erano di ferro battuto erano ora trasformati dal succedersi dei secoli in pietra verde. La cosa che colpì immediatamente l’attenzione di tutti, fu la presenza di un’arca sul fondo del sito. Essa era coniata in lega d’oro e d’argento, sul suo frontespizio c’era inciso il cerchio solare che, sorgendo, sperdeva le tenebre circostanti. Sulla base c’era una scritta in latino: “
 
Homo, ex demone, sibi vitam aeternam quaerit”1 .
Quando il professore aprì l’urna vi trovò il manoscritto: si trattava di un grosso volume composto in carta pergamena e, pur se redatto in lingue, stili e grafie diverse, comprese che era opera di un’unica mente. Il procuratore ad un tratto sembrò interessarsi più del dovuto alla faccenda e, strappando quasi il libro dalle mani del professore, cominciò ansiosamente a leggere.
 
 
da “DE LO CONNUBIO CO’ LO DEMONE PER L’AETERNO ESSERE”
IL PERIODO E’ IN ITALIANO, MA CON STILI DIVERSI
Archivio del Comando Carabinieri-Caserta 2
 
“Già non fui lo discepolo di Abu Mansur, Io fui Abu Mansur del Khem medesimo, così come poscia fui Geber delle terre arabe, e poscia fui ancora Van Helmont e Philippus Aurelius Teophrastus Bomastus Von Hohenheim, detto Paracelso! In tutte queste vite ho realizzato la “Grande Opera” del vile metallo in nobile oro. Ma l’opera più grande è stata la trasformazione dell’uomo da materia bruta ad essere totale. A tal’uopo fabbricai la “Pietra Filosofale” con “l’Allgeist”, un solvente universale composto da materia primordiale. Poiché da vita a vita può capitare che qualcosa sfugga alla mia mente, annoto qui, contro mia natura d’alchimista, le operazioni fondamentali per la sopravvivenza dello spirito nei corpi. Le operazioni devono iniziare in primavera, quando il segno del Toro cornuto si incontra con l’Ariete, il più tenace dei segni zodiacali. La prima materia deve essere mescolata con “Sol” e “Luna” e con “Ignis innaturalis”2. Il tutto deve essere sigillato in un recipiente chiuso dove gli elementi, sposandosi, anneriscono e putrefanno raggiungendo così lo stato di “Nigredo”, la nera notte dell’anima, allorché enormi conflitti interiori generano un’angoscia senza fine. Allora la materia diventa verde, infine rossa, ed è allora che l’opera può essere completata con l’artefice determinante: il demone Osmodeo che viene invocato immolando ad esso una giovane vita .
Oggi io sono eterno, la mia mente è eterna, il mio spirto, il mio pensiero, il mio essere, ma non il mio corpo che non è mai riuscito a valicare i limiti imposti dal tempo! La mia essenza si è trasfusa nei secoli in decine di organismi umani che sempre deperivano, invecchiavano, si ammalavano. Solo momentaneamente ho posseduto un giovane studente ed attraverso la sua azione ho sacrificato al demone una più giovane donna, il cui corpo è ora parte infinitesimale del cosmo, così come impercettibile polvere è il corpo del giovane stesso.
Ma tu, lettore avido di sapere che or ora posi i tuoi occhi su questo scritto, tu stesso sei già mio, la tua anima già mi appartiene, la tua mente è già la mia mente. Son io ora quel demone che pervade la tua coscienza, il tuo io, i tuoi ricordi, le tue esperienze ora sono mio patrimonio!”
 
DA UNA NOTA DEL PROFESSOR FIORENTINO
Napoli, 30 maggio 1997
 
“ Dall’inizio del mese ho veduto il Sostituto Procuratore tre volte: la prima volta è stata durante il ritrovamento del manoscritto, quando ho notato il suo improvviso cambiamento d’umore, il suo strano comportamento nel volersi quasi appropriare del manoscritto, la sua avidità nel leggerlo pur essendo egli assolutamente incompetente in questo genere di cose. La seconda volta è stata tre giorni dopo, quando mi sono recato nel suo ufficio per presentare la mia relazione circa il ritrovamento del passaggio segreto e del suo contenuto. Egli mi sembrava un’altra persona! Non che fosse cambiato fisicamente, ma aveva un altro modo di parlare, di porgere, di muoversi addirittura. La terza volta è stata questa mattina, quando ci siamo incontrati per caso in Via Roma. Gli ho offerto un caffè ed ho notato che aveva acquisito miracolosamente in pochissimo tempo un’enorme conoscenza archeologica del sito casertano, oltre, mi pare, a saper bene di alchimia, chimica, mineralogia, astrologia, astronomia e matematica. Egli ostentava liberamente questa sua sapienza, quasi compiaciuto e sicuro di sé.”
 
LETTERA DI ANNA MARIA CAMPOLI
Il 6 giugno 1997, la signora Campoli, moglie del Magistrato Sostituto Procuratore Angelo Turturiello, scriveva alla madre:
 
“Cara mamma,
Da qualche tempo Angelo è cambiato; da gentile e premuroso qual era, è diventato sempre più scortese ed indifferente. Sospinto anche dai successi ottenuti nel suo campo, ha deciso di presentare la sua candidatura a deputato nelle prossime elezioni. Per questo ha cominciato a frequentare personaggi influenti nel mondo della politica, gente di bell’aspetto, col sorriso dipinto in faccia, ma in realtà senza scrupoli, pronta a sacrificare ogni cosa sull’altare della loro sete di potere. La cosa più strana è avvenuta da quando mio marito istruì le ricerche per due giovani scomparsi nell’aprile scorso. Egli, inspiegabilmente, cominciò ad interessarsi dei segreti di molti alchimisti che avrebbero tramandato la loro arte utilizzando una sorta di singolare codice “non scritto” che poteva nascondersi dietro l’arredamento, le decorazioni o la pianta delle loro case che egli chiama ora “dimore filosofali” e che sono disseminate un po’ in tutta Europa dove, ora, egli è in giro per visitare “Villa Palombara” a Roma, sul colle Esquilino, “la casa di Faust” nella città vecchia di Praga, il castello “Du Plessis-Bourrè” in Francia con la sua “Salle des gardes”, il cui soffitto pare sia impreziosito da un gran numero di temi e di figure ermetiche: sirene, tartarughe con la testa di uccello, asini che cantano la messa, tritoni e fenici. Disse: - Sono simboli alchemici, pronti ad essere tradotti dai conoscitori di quest’arte e applicati in termini pratici nel complesso di trasmutazione.-. Sono preoccupata, cara madre, spesso la notte lo sento sussurrare: - Perché io l’ho vista molte volte, e l’ho toccata con le mie mani…-“
 
 
da “DE LO CONNUBIO CO’ LO DEMONE PER L’AETERNO ESSERE”
 
“…Perché non vi è alcuna ricchezza, non vi è immortalità, se non con l’assoluto potere sulle genti…”
1 L’uomo chiede per sé, al demone, la vita eterna
2 Gli alchimisti medioevali fanno riferimento alla scoperta di una materia tanto asciutta simile al fuoco.

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