Saverio Palluotto racconta: "La storia del babà" | Prosa e racconti | Antonio Cristoforo Rendola | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Saverio Palluotto racconta: "La storia del babà"

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Bonasera,
questa volta il professore mi ha detto di scrivere un “artigolo” un poco “particolaro” (maschile singolaro). Mi fa:
-Don Savè, voi che siete un babà…-
- Io so’ un babà?-
-Nel senso dolce della parola, che avete capito? Dunque voi che siete un babà, parlateci un poco della storia di questo dolce tipicamente napoletano…-
Non me lo sono fatto ripetere due volte, pure pecché ‘o babà mi piace assai. Ed eccomi qua con le mani alla tastiera e, con decenza parlando, co’ un babà in bocca.
 
Dunque l’inventore del babà fu il  re polacco Stasinalao…Nastillao…eh lo dico domani! (Asp, faccio copio-incollo) Stanislao Lecinsky, raffinato pasticciere e appassionato lettore della “Mille e una notte”. Mentre si “truovavasi” in esilio (‘a mugliere e ‘a suocera l’avevano cacciato) in Francia, “eglio” ideò questo famoso dolce ricco di aromi, pieno di rhum al punto di essere considerato il dolce più “sofficio” della pasticceria francese. A questo dolce “diedde”…”diedde”? Si, è passato…”diedde” il nome del suo eroe preferito: Alì Babà. Agli inizi dell’ottocento, Carolina, moglie di Ferdinando IV° di Borbone, diffuse la ricetta a Napoli. Il successo fu “enormo”. La forma a cappello di cuoco fu inventata dai napoletani. Il babà diventò simbolo della dolcezza di una donna. Ancora oggi si dice:-Sì doce comme nu babà…-
 
Per chiudere “annego” (voleva dire allego n.d.r.) una delle mie poesie maledette intitolata proprio: Babà
 
Babà,
si uno te magna po’
nun sta ccà.
 
Anema e corpo
restano divise:
‘o corpo ‘nterra
e ll’anema ‘Mparavise.
 
Eh...Si deve capire...Se si capisce, piace.
 

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