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In chiesa con la nonna

Napoli - chiesa di S. Pasquale
Camminavamo nella navata centrale, lei davanti lentamente ed io, svelto, indietro. Eppure stavo attento a non superarla quasi per una forma di religioso rispetto. Quella mastodontica chiesa di San Pasquale era sua. Sue erano le panche con le targhette dei nomi dei donatori. Sue erano i ceri, i fiori, gli ex voto, suoi i grandi lampadari che più che illuminare sembravano minacciare dal soffitto dipinto. E sua era pur anche  l'acqua santa nelle grandi conchiglie di marmo  Infine del tutto suo era il tempo che trascorreva a mormorare sottovoce incomprensibili preghiere intensamente recitate parte in latino maccheronico, parte in uno stentato italiano e parte in napoletano e basilisco( la nonna era della provincia di Potenza).
Vestita di nero, non aveva un aspetto solenne come l'ava di carducciana memoria, ma era piccola e rotondetta e, soprattutto dolce come una mela cotogna. Sedeva sempre allo stesso posto e preferiva recarsi nella sua chiesa nell'ora vespertina del "Rosario". Al poverino seduto fuori sulle scale diceva sempre:- Mò che esco ti pago! Ti pago all'uscita, che poi se rimango dinto almeno sparagno...- e sorrideva appena per il suo stesso sarcasmo.
A me rimanere da  solo a casa non piaceva affatto, quindi la seguivo buono buono anche se mio malgrado. Non ci crederete, ma quella chiesa mi faceva paura, era troppo grande per me piccolo e miserello. Il timore già mi si annunciava, via via che ci avvicinavamo, con il vento che mi portava il canto nenioso delle quattro o cinque altre vecchiette che se ne stavano sedute ingobbite in ordine sparso:
 
" ti salutiamo Vergine,
colomba  tutta pura
nessuna creatura
è bella come te.
Prega pe noi Maria..."
 
Avevo paura delle tante statue di Santi infrattate nella penombra e sul cui volto danzavano i riflessi delle pallide fiammelle dei pochi ceri accesi. Sembravano assassini pronti a cibarsi della mia fanciullezza: ne "udivo" lo sguardo, ne "avvertivo" le voci, ne "ascoltavo" il muoversi...
E la nonna era lì a pregare, ed io mi accostavo a lei, e  lei mi dava la mano ed io gliela stringevo, e lei mi sorrideva smozzicando frasi che poi più attentamente riuscivo a capire:. chiedeva al buon Signore di farmi star bene.
 
 

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