Nel 1944 Horkeimer e Adorno, dimostrarono che L'Illuminismo ha sostanzialmente fallito : nella sua pretesa di essere una forma di pensiero in continuo progresso, ha sostanzialmente perseguito l'obiettivo di "togliere agli uomini la paura per renderli padroni". Il suo fallimento va visto nell'incapacità di integrare la mentalità mitica all'interno della riflessione razionale.
Ulisse non volle evitare l'isola delle Sirene e pur conoscendone i rischi decise di ascoltarne il canto, di subirne il fascino, trovando al contempo l'astuzia (ragione) per neutralizzare gli effetti negativi dell'esperienza.
Per il suo mancato riconoscimento del mito al suo interno, l'Illuminismo si è trasformato in mito, il mito della razionalità come necessità matematica, macchina, organizzazione; da strumento di liberazione è diventato esercizio di autoconservazione.
Ogni qualvolta una società è sull’orlo del collasso, siamo di fronte ad una transizione che richiede nuovi allineamenti sociali che solo la complessità del mito può fornire. E’ proprio grazie al mito che è possibile divenire consapevoli e quindi mediare quegli aspetti ombra che hanno scatenato la crisi.
Il termine ombra in gergo junghiano, rappresenta gli aspetti negati e ripudiati del Sé. Quando l'ombra riesce ad essere reintegrata nella totalità della personalità, si assiste ad un processo di maturazione ed arricchimento della suddetta.
Da sempre i miti hanno assolto la funzione di mediatore tra gli aspetti oscuri e luminosi dell'individuo sia al livello personale che a livello transpersonale. Oggi più che mai abbiamo bisogno di rinnovare la nostra conoscenza mitica, dal momento che la nostra dissociazione ha creato zone d’ombra inaccessibili che ci conducono progressivamente verso un teatro di guerra senza soluzione di continuità.
Joseph Campbell ci ha mostrato che sin dall’antichità e in ogni civilizzazione, la mitologia ha sempre assolto funzioni di grande importanza a livello psicologico e culturale. I miti offrono l’opportunità di creare un ponte tra la propria personale coscienza ed il mistero tremendo e affascinante dell’universo, riconciliando i limiti individuali con l’immensità della trascendenza.
Il mito porge alla coscienza, ( nella sua forma artistica e religiosa), la rivelazione del suo grande potere di autosostegno additando valori umani e morali al di là di ogni possibile divisione geografica, culturale e sessuale. Nelle società in cui la mitologia locale è ancora operante esiste un situazione di maggiore armonia con l’universo; nella nostra invece, abbiamo perso tale stato di grazia. L'impatto dell’industrializzazione sulle nostre vite ha sfasato nostri ritmi indebolito le nostre pulsazioni lasciando in noi un immenso struggimento per quel primordiale, intimo e sacro legame con la Natura.
Il pensiero mitico ci indica che l’universo si regge su regole precise e intramontabili anche quando viviamo in torri di cristallo e ricaviamo il nostro senso di sé dal potere accumulato o dalle barbarie dei media. Purtroppo quando i simboli mitologici cessano di essere operanti sprofondiamo in un senso di alienazione e vuoto interiore che generalmente viene colmato quasi sempre in termini materialistici, mentre l’ emergenza è di natura spirituale.
La più importante funzione del mito consiste nel mettere in relazione l’individuo (microcosmo), la sua cultura (mesocosmo), l’universo (macrocosmo) con l’unità pan-cosmica, il mistero creativo ultimo che accomuna e va oltre tutte le forme di esistenza. I miti ci conducono attraverso la nebbia della nostra ignoranza, i labirinti delle nostre paure in un mondo codificato nei nostri cervelli e impresso nelle nostre cellule da milioni di anni, un mondo vastissimo che come il mare permea ogni forma di vita e di coscienza, un mondo chiamato Inconscio.
Questi modelli sono una sorta di DNA della psiche, sono primordiali e impregnano la nostra vita, la cultura, la religione, l’arte, l’architettura, la letteratura, ogni sorta di rito e abitudine sociale e persino ogni forma di disordine o patologia mentale.
Campbell una volta scrisse: “ L’ultima reincarnazione di Edipo e la Bella e la Bestia, sono fermi questo pomeriggio all’angolo tra la Quantaduesima e La Quinta strada aspettando che cambi la luce del semaforo”. Non c’è da stupirsi che i films di maggior successo siano la messa inscena di antichi miti, sebbene mimetizzati da scenari altamente tecnologici e sofisticati.
Tuttavia i miti non sono leggende, favole o fiabe, ma sono alla base di questi generi letterari. La leggenda è un racconto tradizionale di fatti immaginari o molto lontani nel tempo arricchito di elementi fantastici e trae sue radici da elementi mitologici e folklorici tramandati spesso oralmente; la favola è un genere letterario di origine antichissima, presente nel folklore di gran parte delle culture del mondo anch’essa tramandata oralmente. Possiamo scorgere al suo interno la presenza di uno o più miti insieme ad impliciti insegnamenti morali ; la fiaba invece, somiglia alle favole e alle leggende per ciò che concerne la matrice folklorica e mitologica ma in essa l'elemento del " Fantastico" ha sicuramente la meglio.
I miti invece, hanno una formulazione più universale delle fiabe delle favole e delle leggende, hanno la capacità raggiungere il codice più profondo del nostro inconscio e del superconscio dandoci la possibilità di accostarci alla mente della creazione. Il Mito è affine al Principio Creativo, per questo non solo apre la nostra mente ma evoca anche la nostra passione creativa ampliando miticamente le proporzioni dei nostri orizzonti facendoci sentire protagonisti del processo di rinnovamento della vita con tutte le sue infinite possibilità.
I miti sono qualcosa che non ha mai un'origine certa ma pervade ogni nostro gesto.
Se ci guardiamo attorno sarà facile scorgere re draghi emmettere fuochi minacciosi per proteggere le proprie corporazioni, oppure incontrare uomini le cui vene sono colme di droga dal momento che non possono essere eroi come quelle figure attratte dalla la pozione magica di un folle mago.
Altrettanto comune sarà vedere coloro che impazziscono per i soldi e sono costantemente alla ricerca del Grail del successo materiale.Purtroppo hanno smarrito il contatto con lo spirito e possono solo rivolgersi all’esterno per la propria ricerca di identità e senso.
In tutti gli eventi più drammatici possiamo scorgere il riflesso di antichi miti; il problema è che la cultura e la conoscenza, non riescono a cogliere la matrice prima del mito e l’influenza che esso ha sulle nostre vite. Non ci rendiamo conto che ogni mito vuole fare il suo gioco fino in fondo perché essenzialmente vuole ristabilire i naturali equilibri della psiche e della natura.Così si perde la possibilità di cogliere la forza di riequilibrio psichico che il mito porta in sé.
Parsifal fallì nel porre la domanda sulla natura spirituale del Grail e per questo fallimento fu costretto ad anni di apparente inutile ricerca vivendo una vita di depressione, ma una cosa è certa: nei suoi anni di peregrinazione imparò ad ascoltare gli altri e ad attendere una nuova opportunità per porre la fatidica questione nei termini corretti.
I miti ci offrono costantemente delle lezioni di vita, delle opportunità di crescita e guarigione, segnalandoci i conflitti ed offrendoci le possibilità di elaborare nuove sintesi creative in ogni campo del nostro quotidiano vivere.
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
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