Molto spesso si tratta di uno spocchiosissimo senso di superiorità, tipico di chi intimamente si sente frustrato e fallito ma non vuole ammetterlo, di chi non riesce a perdonarsi di non essere il più grande in amore , e/o, nella vita. Lascia pensare alla pretesa di un infante nel suo primo anno di vita, quando ancora fuso e confuso con il corpo materno, si ritiene potente come un dio e centro assoluto del mondo.
Una profonda amarezza è cronicamente dipinta sulle labbra di costoro, conseguenza del fiele che abbonda nelle loro parole, sebbene non riesca a colmare il vuoto della perdita e, mai si placa la furia contro quel seno che mal li nutrì, rendendoli vampiri assetati e invidiosi incapaci di riconoscere che quell'arida nutrice è oramai parte di loro.
Sono esseri monchi, anche quando sono dotati di talento; poichè non sanno come metterlo a servizio della vita. I loro rami non elargiscono frutti, la loro energia è totalmente focalizzata ad incrementare un antiquato apparato bellico, che continuamente ammazza mosche con vecchie palle di cannone.
Non stupitevi se in loro presenza sentirete qualche litro di sangue mancare al vostro inventario; la loro amarezza succhia l'anima al malcapitato di turno, sostanzialmente, questa è la preminente funzione del loro cronico livore.
Somiglia ad un allattamento indiretto, che scongiura ogni pericolo di gratitudine verso la vita, dal momento che dire: -grazie!-, equivarrebbe ad ammettere di aver rivevuto abbastanza, mentre il vessillo inesauribilmente sbandierato da queste anime in pena è:
- Non ne avrò mai abbastanza e gli altri dovranno saziarmi!-
Chi avrà mai il coraggio o l'incoscienza di porgere il seno a tali fauci inguaribilmente piene di disgusto e denti affilati privi di pietà?
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
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