Nicola Samorì è un artista noto per opere di stampo classico deturpate a regola d’arte. Il suo lavoro è generalmente ben accolto dalla critica, a parte il rifiuto del critico Elena Vodret ex direttore dei musei vaticani, che due anni fa gli rifiutò l’esposizione di due tele.
L’estetizzazione della violenza convalidata da noti critici, le conferisce quella legittimità che poi alla fine non si discute a meno che non si voglia passare per ignoranti e retrogradi.
Tuttavia in un’era in cui la violenza è in netta escalation, il femminicidio una parola alla quale oramai ci si sta sempre più abituando, la rappresentazione di questi corpi mutilati ad (A)rte aprono in ogni caso l’annosa questione di cosa sia poi l’Arte e quali siano i suoi valori ammesso che ne abbia ancora o debba presumibilmente averne.
Secondo l’analisi di semiologi come Jean Baudrillard ed altri, mentre le società moderne si erano organizzate nella compulsiva produzione e consumo di beni materiali, quelle post moderne si sono orientate intorno alla simulazione di immagini , tutto diventa immagine estetizzata pronta per lo spettacolo; in altri termini lo spettacolo è tutto, quello che c’è dentro conta meno.
Se Manzoni metteva la merda in scatola ed è persino finito in museo, o se Fontana sfregiava con i suoi tagli povere tele che potevano essere usate per farci magari un bel quadro, non dobbiamo rattristarci troppo per le mutilazioni di Samorini almeno lui con i pennelli ci sa fare e anche se le sue opere sono state rifiutate dai musei vaticani, sicuramente prima o poi, finiranno anche loro in qualche museo a fare buona compagnia a molti altri rifiuti umani e scarti a perdere vari.
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
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