Scritto da © Amina Narimi - Ven, 13/05/2016 - 13:51
Tacere toccando la terra.
Tacere,
sostenendo il silenzio i tuoi fiori.
Ho atteso
che tornasse il respiro
nel vuoto
che precede ogni tua voce.
E’ un corpo senza segreti
l’anima che ora ti offro,
nessuna forma che la torturi
nella stanza più intima.Un vento,
il suo bisbiglio. E' tutta la donna-
sulla tavola di cera dell’ascolto,
a gemere leggera, tersa,
-come un fiore ridotto alla gioia,
fino a togliere peso, nelle tue mani.
Come in grembo ad adamo
stringe il tuo seme con gli occhi
d’argento, il tuo yiddish nel cuore.
-All'origine che sola congiunge
il suo primo matrimonio alla preghiera,
stavi lì, brillando intero,
indicando un altro luogo,
in petto, un altro luogo
che afferrava la realtà
tutta la vita. - Un fiume nuovo
il tuo non esserci, gira nel ventre
adesso, continua a salire
con ostinata bellezza
come un coro di acque, in piena,
nell'argento dei polmoni.
In un profondo caldo
si raduna il fiato sopra l'erba,
si piega per la sera.
Reclino il capo, anche io,
spingendo indietro la saliva
entro, fedele, nel tuo silenzio sacro.
La terra aperta.
Comprendo che sei qui
dove la vita aumenta
se, respirando appena,
cola dalle parole che ti scrivo
più vera della notte la tua voce,
se, tra le aperture delle labbra,
il nostro riso si dissangua in luce.
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