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All'ultimo giorno di scuola

ALL ULTIMO MINUTO DELL 'ULTIMO GIORNO DI SCUOLA ESPLODEVA L 'URLO
LIBERATORIO, UNA SORTA D'INNO ALLA LIBERTA' CHE SALIVA PROPRIO DALL 'INTERNO
No! Non dal nostro cuore era ancora più giù,  più profondo : veniva dalle nostre anime.
Ne seguiva una corsa all 'impazzata come di una mandria imbufalita che cercava via di scampo.
La libertà era il primo gradino della scala fuori il portoncino della scuola, al di là c'era la vita. 
Il sole di Giugno e il cielo blu dal colore d'estate davano ragione a così tanta gioia .
 
Dopo le prime mattine in cui tutti recuperavano quei risvegli difficili , quelle sorti di marcia forzata verso quel campo di addestramento che chiamavano scuola , ci si organizzava : Marco portava le carte, Fortunato organizzava maniacalmente tornei di biglie e scacchi, Giacomo rispolverava il motorino di suo padre,  Gianluigi rosicchiava veloce 5 noccioli di pesca per poter giocare a pugno, Amedeo riproponeva aneddoti di improbabili avventure e Gian Paolo rispondeva con le storie di uno zio capace di tutto anche di non apparire mai , ma proprio mai...
E via l'infanzia viveva .
D' obbligo era la corsa al mercato, che si teneva il giovedì. Sandaletti di plastica colorata erano parte integrante dell' estate, insieme ai pantaloncini colorati e alle magliette con la reclame di questo o quel negoziante .Quei sandaletti di plastica ci permettevano di fare molte cose: erano buoni per correre, per fare il bagno nella canaletta, per giocare a pallone. Riuscivano anche a rigarci i piedi di sole a strisce che formavano una sorta di disegno tra il bianco del coperto e il nero dello scoperto, e a fine giornata ci regalavano un tesoro sporco che veniva estratto abilmente dalle dita dei piedi in un aiuto fraterno con l'indice della mano. Ne risultava una pappina nera di terra appiccicosa dal sapor di sudore che con sadismo si accostava al naso e ne faceva scaturire apprezzamenti di varia natura , quasi mai lusinghiera .
 
Il salotto buono, quello dove ci si accucciava a cerchio era l' angolo della palazzina “ d “ al mattino e l' angolo della palazzina “ b “ al pomeriggio, tutto era dettato dall'ombra che un a volta studiata non tradiva mai. In quel salotto buono di tanto in tanto ci si sedevano anche delle femmine, alcune avevano vestiti lindi bianchi o rosa , altre erano vestiti come maschietti, ma non ci si badava molto a loro. Gli altri quelli più grandi che sfioravano i 14 anni, quelli si che ci badavano e rimenavamo stupiti di come osassero atti arditi . Si diceva che i più grandi qualcuna di quelle ragazze le avessero baciate ( bhè non proprio quelle, più le loro sorelle che avevano più l' aspetto di donne cresciute ...) e che qualcuno ci avesse pure sfiorato la sua lingua contro la loro .
 
Tant è, per noi non erano necessarie. Che ne potevano sapere loro di come si costruisce una capanna o di come si cacciavano i nidi dei merli, neppure sapevano costruire un arco né tanto meno una fionda, non possedevano neppure un cane randagio. Qualcuna, però, ci stava sempre tra i piedi, la chiamavamo “ maschiaccio “, voleva anche lei fare le capanne e riusciva ad arrampicarsi su qualche ramo basso degli alberi,  arrivava addirittura a rotolarsi insieme a noi nell' erba. Noi la lasciavamo fare e ci accorgevamo che la sua pelle era più rosa della nostra e le sue forme più gentili. Alla fine qualcuno se ne innamorava e diventava la femmina della banda: dopotutto qualcuno doveva pur tener pulito il nascondiglio !
 
La luce del tardo pomeriggio ci indicava la strada di casa , eravamo guerrieri di ritorno da una lotta ... masai che uscivano dalla savana ... cowboys disarcionati dai loro cavalli che mestamente tornavano a casa. Qualcuno riportava impressa sulla sua pelle i segni di così dure vicende : braccia, graffiate, ginocchia sbucciate, punture di api e vespe... Fortunatamente quasi nessuno risultava così acciaccato da non poter ripresentarsi alle armi il giorno dopo...si perchè...c' era sempre un giorno dopo ...
 
 

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