Scritto da © Stefania Stravato - Gio, 26/07/2012 - 18:28
a pugni chiusi ho resistito la furia di continenti in collisione
sotto i passi, l'altezza del nero.
i suoi cavalli nelle strettoie a sinistra degli occhi
e li ho allattati a sangue, nella terra del petto
i frutti pallidi di quella stagione. che i pontili
di argilla, li sorreggevano nel turbine, esposti
a gonfiarsi di fuoco
per la sopravvivenza di scorpioni
e ai limiti della foresta: torri di vetro.
tagliati nel vapore, silenzi
diversamente composti come scheletri di sale, memorie. ventagli
smalto di ghiaccio sulle ali
le colombe, addormentate nei sepolcri delle radici
non hai patria, perduta dei tuoi capelli bui
né fede. e non mi vedi
non mi hai mai sentito morire. tornare, le selci lucenti invece di occhi
appesa agli orizzonti di piombo, senza mani
tra i mari e le correnti, ai piedi degli dei
nei traccianti di esplosioni, dentro i baci
e le tragedie degli amanti, sei l'urlo primo del dolore
e non perdoni, non concedi
caduta, sospesa. sposa di nessuno che nessuno sai amare.
ancora affondino, lune e
lagune, io che credo alla luce.
ma dove vanno se non c'è porto, le barche di rose.
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